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Revisori nei Comuni a rischio falso ideologico

/ REDAZIONE

Lunedì, 26 ottobre 2015

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In relazione alla falsa attestazione, da parte dei revisori, della veridicità dei dati contenuti nel rendiconto di gestione di un Comune, potenzialmente rilevante ex art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici), in concorso con sindaco e consiglieri, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 43081, depositata oggi, osserva che il delitto sussiste quale che sia lo scopo perseguito e a prescindere dal fatto che qualcuno sia stato concretamente tratto in inganno (salvo il caso del falso grossolano).
Lo scopo della falsificazione, se può illuminare l’interprete nell’accertamento dell’elemento soggettivo, non si atteggia come elemento costitutivo del reato.

Dal punto di vista psicologico, infatti, è richiesto il dolo generico ovvero la volontarietà e consapevolezza della falsa attestazione, mentre non occorre il c.d. animus nocendi vel decipiendi, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere, ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.

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