La Cassazione è davvero l’ultima esattoria?
Gentile Redazione,
nella risposta del 1° marzo 2017, indirizzata all’AIDC, l’Agenzia delle Entrate comunica che “dall’analisi degli esiti in Cassazione dei ricorsi proposti dai contribuenti, relativi al 2016, risulta che la percentuale di vittorie dell’Agenzia è pari al 90,9%”.
Ancorché non si conosca l’esito dei ricorsi allorché è l’Agenzia che è ricorrente, avendo perso in Commissione tributaria regionale, e sebbene i concetti di vittoria e soccombenza in Cassazione debbano misurarsi con quelli di cassazione con o senza rinvio al secondo grado, la percentuale di circa il 91% a favore dell’Erario fa forse onore a quest’ultimo, ma non al giudice!
È infatti intuitivo che non si è di fronte a un giusto processo, che si svolge tra parti poste in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale (art. 111, commi 1 e 2 Cost.), se il giudice dà ragione alla pars publica nel 91% delle cause.
Se così stessero le cose – e, a riguardo, una conferma da parte dell’Agenzia o meglio una precisazione da parte dell’ufficio di segreteria della Suprema Corte sarebbe opportuna – la situazione avvilirebbe il lavoro degli avvocati tributaristi e dei dottori commercialisti che con loro collaborano nei giudizi per cassazione e soprattutto non gioverebbe alla lotta all’evasione: questa si basa anche sull’esistenza di un giudice che dia torto ai disonesti e ragione agli onesti, sovente aggrediti da un Fisco animato da spasmodiche esigenze di gettito, e non deve invogliare questi ultimi, sfiduciati per l’inesistenza di un giudice imparziale, a deprecabili misure preventive di autodifesa.
La stima che è d’uopo avere nei confronti della Suprema Corte di Cassazione impedisca di pensare che il terzo grado tributario sia l’ultima esattoria!
Giuseppe Verna
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Varese
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