Per un progresso tecnologico virtuoso conta la qualità della prestazione
Gentile Redazione,
compliance e adempimenti assorbono circa il 60% del tempo, se non di più, della nostra professione: “preda” risorse interne, disperde il valore della formazione, inonda di carte i nostri uffici, ruba tempo prezioso agli approfondimenti, all’ascolto e all’impegno nel fornire servizi di maggiore qualità ai nostri clienti.
Vero che gli adempimenti sono posti a carico delle imprese, ma queste ultime fanno leva su un servizio all inclusive che ben volentieri danno in outsourcing a noi, mentre dedicano sforzi e risorse al business. Questo è il mercato. Qui poi si apre il problema di una concorrenza sui prezzi ove la qualità della prestazione spesso non interessa: interessa l’assicurazione.
Morale: non abbiamo esclusive ma in compenso siamo gravati da sempre maggiori responsabilità e continuiamo a perdere in competitività.
La domanda da porci è se dobbiamo temere per la nostra professione in futuro, in un’era d’innovazione tecnologica e di standardizzazione delle procedure sempre più veloce.
È indubitabile che il progresso tecnologico – che nella storia ha sempre prodotto vincitori e perdenti – porterà presto a una diversa modalità di gestione dei dati contabili e fiscali dei contribuenti. È stato così già altre volte in passato e, se ben gestito, può essere una risorsa.
Non basta – e non basterà – però un click.
La nostra è (e rimane) una libera professione intellettuale fatta di conoscenza tecnica specifica, etica, autorevolezza, riconoscimento da parte dello Stato, condivisione di una cultura professionale comune.
I contribuenti, le imprese, il Paese hanno avuto, hanno e avranno bisogno dell’apporto di professionisti liberi, competenti, con solidi principi etici e una radicata cultura professionale.
Un progresso tecnologico che voglia essere anche virtuoso esalta ancor di più la necessità di questi valori, non v’è dubbio a riguardo: non si può immaginare che se ne possa prescindere.
Chi si identifica e persegue una professione ancora caratterizzata da tutti questi valori sarà, a nostro avviso, tra coloro che risulterà vincente.
Un problema non lo risolve da solo un software e nemmeno l’intelligenza artificiale: lo risolve la sensibilità di un professionista preparato.
Non dobbiamo quindi temere, così come non temiamo, il cambiamento, ma l’obiettivo di tutti dovrebbe essere quello di usare la tecnologia di cui potremo disporre per una maggiore efficienza senza perdere di vista ciò che più conta: la qualità della prestazione.
Affinché questo diverso mondo indotto dalle nuove tecnologie informatiche che ci prepariamo a vivere sia effettivamente migliore occorre però che il percorso che ci porterà sin lì sia attento, condiviso e seriamente ragionato da tutte le parti in causa.
Per affrontare il merito di una questione così delicata – e non solo per la nostra professione, ma con un minimo di presunzione per l’intero sistema Paese – crediamo non si possa prescindere dalla condivisione preliminare del metodo, della piattaforma dei principi che costituiscono il perimetro e le regole della discussione e da una seria e completa analisi degli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere.
In sostanza questo cambiamento va governato insieme, sulla scorta di un dialogo allargato tra professionisti, imprese e legislatore per condividere obiettivi e procedure, sicuramente non imposto in modo autoritario. Diversamente avremo perso tutti, e non solo un’occasione.
Edoardo Ginevra e Alessandro Savorana
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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