Per dirsi dissipazione serve rapportare costi e ricavi dei contratti disdetti
Le operazioni devono essere assolutamente incoerenti e l’autore ne deve essere consapevole
La risoluzione di due contratti di appalto da parte dell’amministratore di una società in crisi, e di lì a poco fallita, non può, di per sé, ritenersi idonea a integrare la fattispecie di bancarotta fraudolenta per “dissipazione” in assenza di un’adeguata analisi del rapporto tra costi e ricavi dei contratti, alla luce della situazione di crisi in corso e delle strategie aziendali perseguite. A precisarlo è la Cassazione nella sentenza n. 41796 depositata ieri.
In base al combinato disposto degli artt. 216 comma 1 n. 1 e 223 comma 1 del RD 267/1942 (L. fall.), gli amministratori di società dichiarate fallite possono essere puniti con la pena della reclusione da tre a dieci anni se, tra l’altro, hanno dissipato, in tutto o in parte, i beni della società. Nel caso ...
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