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NOTIZIE IN BREVE

Emissione di fatture false anche per «prestanomi» e impiegati

/ REDAZIONE

Giovedì, 9 maggio 2019

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In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 del DLgs. 74/2000), la Cassazione, nella sentenza n. 19213/2019, ha precisato che l’amministratore di diritto di una società risponde del reato quale diretto destinatario degli obblighi di legge anche se egli sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito come amministratori di fatto; atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale, per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino.

Quanto alla posizione di una semplice impiegata, inoltre, che materialmente compili le fatture false in attuazione delle direttive ricevute dal titolare dell’impresa, occorre considerare:
- in relazione all’elemento materiale, che il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, non solo in caso di concorso morale, ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti;
- in relazione all’elemento soggettivo, che il dolo del concorrente esterno in una fattispecie a dolo specifico può essere generico, purché connotato dalla consapevolezza dell’altrui fine conforme a quello tipizzato dalla disposizione incriminatrice.

Nei casi in cui la fattispecie incriminatrice monosoggettiva richiede la presenza di un dolo specifico è sufficiente, ai fini della configurabilità di un concorso punibile, che la particolare finalità presa in considerazione dalla legge penale sia perseguita almeno da uno dei soggetti che concorrono alla realizzazione del fatto.

Sembra ragionevole, pertanto, ritenere che il principio indicato sia applicabile anche in materia di delitti tributari, quando vi è un soggetto che agisce con dolo specifico, nei confronti di chi concorre nella condotta illecita con la consapevolezza della finalità perseguita dal correo. Anche in tali casi, infatti, il concorrente con dolo generico risponde del reato – il quale, anche per la condotta di altri è perfettamente integrato in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi – a norma dell’art. 110 c.p., ossia in forza di una disposizione la quale non richiede il dolo specifico in capo a tutti i concorrenti.

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