Bancarotta documentale fraudolenta più ampia di quella semplice
La Cassazione, nella sentenza n. 38879/2019, ha ribadito che l’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale (ex art. 216 comma 1 n. 2 del RD 267/1942) può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile, relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie.
Anche quando la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari sia, altrimenti, possibile per la curatela, il reato in questione sussiste, posto che la condotta materiale della bancarotta fraudolenta documentale si configura non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile, per il modo in cui le scritture contabili siano state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.
L’obbligo di regolare tenuta delle scritture non viene meno con la cessazione dell’attività. Esso, infatti, si esaurisce solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal Registro delle imprese.
L’imprenditore, infine, non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell’impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche – dipendenti o liberi professionisti – in quanto, non essendo esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.
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