Serve uno scatto di orgoglio per cambiare le cose davvero
Caro direttore,
perdoni lo sfogo, ma i tempi sono quelli che sono e invece che concentrarci sulle criticità che ci affliggono, sembra che – quasi fosse una rimozione psicologica – si faccia di tutto per aggiungerne altre.
Già, perché siamo anche noi lo specchio della cattiva politica.
Ci sono infatti tante maschere e pochi volti.
Ci sono i traditori seriali, i rappresentanti ignavi, quelli poltrona-dipendenti e quelli assetati di potere (qualsiasi, purché sia); poi ci sono i finti difensori dei principi (con convenienze temporanee pro-domo loro), i ri-candidati immaginari (dai risultati inconsistenti) e infine i quasi-politici dallo scranno di cartone.
Immediatamente fuori dal giro nazionale, poi, ecco i rappresentanti sindacali che sostengono ora questo ed ora quello, nella competizione elettorale (ma senza mai dirlo apertamente, non sia mai), i rappresentanti locali che premono per salire al piano superiore, chi in buona fede e chi meno, quelli che dialogano con la politica scavalcando l’istituzione, quelli che non si sa perché sono ancora lì, quelli che sono lì ma è come se non ci fossero.
E poi ci sono quelli sui social, che pensano che tutti siano lì per proprio tornaconto, o che tutti siano incapaci, che basti “battere i pugni sui tavoli” per essere ascoltati, che protestano a prescindere o che pensano non vi sia differenza alcuna tra i singoli.
Insomma, una categoria allo sbando che dà il peggio di sé in periodo di elezioni, parlando per comunicati stampa (chi forse non dovrebbe) e articoli su riviste e giornali (chi invece dovrebbe farli), ma sempre con divisioni, correnti, larghe maggioranze, piani inclinati e liste quasi-uniche, mai davvero meritocratiche, che il manuale Cencelli a noi fa un baffo.
Ed ora, ad ennesimo rischio-commissariamento (così proseguendo), con nuovi ricorsi al TAR in difesa vuoi di un principio (in sé corretto, pur con modalità discutibili) e vuoi di una poltrona (qualche mese o qualche anno in più, che volete che sia), non si sa poi bene perché solo ora.
Parlare di Categoria, del suo futuro come Istituzione e rappresentanza – che è cosa diversa dal futuro della Professione, anch’esso tabù rimosso, schiacciato dalla sterile polemica su specializzazioni sì o no – è rimasto esercizio vano e quasisolitario, riservato ai programmi elettorali che nessuno legge e (forse più concretamente) ai pochi che ancora credono a questa Professione.
Servirebbe uno scatto di dignità e di orgoglio, per cambiare le cose davvero e a favore di tutti gli iscritti, cioè degli (spesso) inconsapevoli rappresentati. Ma per alcuni (troppi) è certo più facile far finta di nulla, non sia mai che torni utile, prima o poi.
Francesco M. Renne
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Varese
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