Esente IVA il servizio reso dalle «case rifugio» a donne vittime di violenza
Le rette addebitate agli ospiti di una “casa rifugio” comunale per donne vittime di violenza possono beneficiare del regime di esenzione IVA di cui all’art. 10 comma 1 n. 21) del DPR 633/72, a condizione che costituiscano il corrispettivo di una prestazione complessa e globale di accoglienza, comprensiva del servizio di alloggio. Diversamente, le rette dovranno essere assoggettate ad IVA in base al regime proprio delle prestazioni rese.
È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 112 del 16 febbraio 2021.
Si ricorda che l’art. 10 n. 21) del DPR 633/72, nel prevedere l’esenzione IVA “per le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili”, non fornisce un’elencazione tassativa delle strutture beneficiarie dell’agevolazione, con la conseguenza che anche i servizi resi da strutture diverse, purché dotate delle medesime caratteristiche, possono essere ricondotti nell’ambito applicativo della norma.
In particolare, ciò che qualifica la prestazione propria di una casa di riposo è la fornitura del servizio di alloggio a favore di persone meritevoli di particolare protezione e tutela (cfr. Cass. n. 11353/2001) e tra questi ultimi soggetti possono annoverarsi anche le donne vittime di violenza (cfr. ris. n. 164/2005).
Pertanto, nella misura in cui la casa rifugio offre alle donne in parola un servizio complesso di accoglienza, consistente nella fornitura di alloggio, eventualmente in combinazione con altri servizi di supporto, le rette addebitate agli ospiti beneficiano del regime di esenzione IVA.
Non si applica, invece, la norma di esenzione di cui all’art. 10 n. 27-ter) del DPR 633/72, in quanto essa prevede un’elencazione tassativa dei soggetti beneficiari, senza comprendere tra questi le donne vittime di violenza.
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