Nel bilancio 2020 più difficile esimersi da valutazioni sul 2021
La predisposizione di piani e previsioni afferenti al 2021 assume particolare rilevanza in sede di determinazione delle eventuali perdite durevoli di valore
Con il trascorrere del tempo, e con la fine dell’anno appena concluso ormai alle spalle, professionisti e imprese iniziano a cimentarsi con le tante problematiche che caratterizzano il bilancio d’esercizio 2020.
Lo scorso anno il COVID-19 è arrivato inaspettatamente e nel pieno dell’emergenza sono stati emanati dal legislatore alcuni provvedimenti che indubbiamente hanno aiutato i redattori del bilancio.
Tra i tanti, in ambito di bilancio, l’art. 7 del DL 23/2020 (c.d. “liquidità”) era intervenuto a campagna bilancio 2019 appena iniziata, introducendo una sorta di presunzione ex lege della continuità aziendale.
È poi seguito l’art. 38-quater del DL 34/2020 (c.d. “Rilancio”) con il quale, in linea con le indicazioni contenute nel documento interpretativo 6 dell’Organismo italiano di contabilità, il legislatore ha riscritto le norme sulla deroga al principio della continuità aziendale, abrogando implicitamente quelle emanate con il precedente decreto, e recependo di fatto le più puntuali indicazioni fornite dallo standard setter nazionale.
Tramite le disposizioni in questione si è consentito all’organo amministrativo di evitare di compiere quel particolare accertamento tecnico previsto dal § 22 dell’OIC 11, finalizzato ad appurare in ottica prospettica la capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.
Si può ben comprendere la meritevole finalità perseguita da legislatore: evitare che, nel pieno di una emergenza straordinaria con effetti mai visti prima di allora, le imprese fossero chiamate a cimentarsi nella predisposizione di piani e previsioni afferenti ai dodici mesi successivi.
Esercizio a ben vedere oltre modo difficile a causa della “scarsa visibilità” sul 2020 legata a fattori esogeni rispetto alla gestione aziendale all’epoca esistente.
Peraltro, l’organo amministrativo non era tenuto a fare riferimento a dati 2020 impattati dal COVID-19 neppure nei piani aziendali da utilizzarsi ai fini dell’impairment test. Proprio a tal riguardo è stato lo stesso Organismo italiano di contabilità a ricordare la scorsa primavera, con un’apposita comunicazione, che “qualora sussistano altri indicatori di perdita e vada quindi effettuato il test di impairment, gli effetti del COVID-19 non devono essere considerati nei piani aziendali utilizzati per determinare il valore d’uso di un’immobilizzazione”.
Cosa dire allora con riferimento ai bilanci 2020 in corso di predisposizione, circa la possibilità di esimersi da valutazioni relative al 2021, ossia di quell’orizzonte temporale futuro alla base della valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante previsto dal § 22 dell’OIC 11?
Anche in tal caso l’organo amministrativo potrà, se lo riterrà opportuno, fare ricorso alla deroga sulla continuità aziendale ora prevista dall’art. 38-quater del DL 34/2020.
Secondo quanto previsto dal § 10 del documento interpretativo 8 dell’OIC, peraltro, gli amministratori dovranno fornire nella Nota integrativa le informazioni relative ai fattori di rischio, alle assunzioni effettuate e alle incertezze identificate, nonché ai piani aziendali futuri per far fronte a tali rischi e incertezze.
Da rilevare, nondimeno, che la predisposizione di piani e previsioni afferenti al 2021 assume particolare rilevanza in sede di determinazione delle eventuali perdite durevoli di valore.
In primo luogo, perché l’emergenza sanitaria, a differenza dello scorso anno, costituisce ora un fatto di competenza dell’esercizio e come tale potrebbe rappresentare un indicatore di perdita durevole di valore. In tal senso si sono già espresse l’ESMA, con le raccomandazioni del 20 maggio 2020, e la Consob con il richiamo di attenzione n. 8/20 del 16 luglio 2020.
In secondo luogo, perché il § 25 dell’OIC 9 richiede che, ai fini della determinazione del valore d’uso, gli amministratori tengano conto dei flussi finanziari futuri desumibili dai piani aziendali, con esclusivo riferimento agli elementi in essere alla data del bilancio.
Da ciò consegue che, se in forza di queste previsioni si è potuto in sede di bilancio 2019 “lasciare fuori” dai piani aziendali utilizzati per l’impairment test l’impatto del COVID-19, a parere di chi scrive, per le stesse motivazioni, sarà più difficile nel bilancio 2020 fare riferimento, ai fini della determinazione delle eventuali perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni, a piani predisposti senza tenere conto degli effetti della pandemia.
Con la conseguenza che, a questo punto, l’organo amministrativo dovrebbe avere a disposizione delle previsioni, al più estrapolate da piani predisposti con logiche multi-scenario, relative al 2021.