Per la frode nelle pubbliche forniture non basta l’inadempimento doloso
L’autore deve voler «ingannare» il soggetto passivo; non è sufficiente la consapevolezza di consegnare una cosa difforme da quella pattuita
Per l’integrazione del reato di “frode nelle pubbliche forniture” (art. 356 c.p.), non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto con la Pubblica Amministrazione, richiedendo la fattispecie una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel realizzare un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
Il principio di diritto è stato espresso con la sentenza n. 18589 depositata ieri dalla Cassazione, chiamata a valutare, nell’ambito di giudizio cautelare, la sussistenza del fumus commissi delicti del reato (appunto, quello di cui all’art. 356 c.p.) presupposto dell’illecito della società ricorrente, come previsto all’art. 24 del DLgs.
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