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Venerdì, 11 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Prescrizione per il risarcimento danni da malattia professionale legata a due parametri

/ Federico ANDREOZZI

Venerdì, 11 luglio 2025

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In materia di azione per il risarcimento dei danni derivanti da malattia professionale, la prescrizione decorre non dal momento in cui la malattia si manifesta, bensì da quello in cui essa venga percepita o possa essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento di un terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. Detto principio è stato ribadito dal Tribunale di Nola, con la sentenza n. 994/2025, nell’ambito di una controversia sorta in seguito al ricorso presentato dagli eredi di un lavoratore nei confronti dell’impresa datrice e diretto a ottenere il risarcimento del danno subito, iure proprio e iure hereditatis.

Nel dettaglio, il prestatore di lavoro era deceduto il 19 settembre 2000 a causa di un mesotelioma pleurico contratto in seguito all’esposizione a rilevanti quantità di cemento amianto, subita per tutta la durata del rapporto di lavoro, dal 1974 al 1993. È importante dare rilievo, sin da subito, ad altre tre date, ossia il 16 aprile 1999, giorno in cui l’INAIL aveva riconosciuto la malattia professionale consistente in un “deficit della funzionalità respiratoria” e il 10 maggio 2001, data in cui gli eredi avevano ricevuto una consulenza medico legale in merito al danno biologico derivante dalla malattia professionale; in tale sede il medico aveva rilasciato una diagnosi di mesotelioma, precisando l’origine professionale del tumore; vi era, infine, il 27 luglio 2018, data dell’avvenuta messa in mora nei confronti della datrice di lavoro.

A fronte delle domande risarcitorie avanzate dagli eredi e considerata la ricostruzione dei fatti operata nel ricorso, si costituiva in giudizio l’impresa datrice di lavoro, eccependo l’intervenuta prescrizione della domanda; eccezione che il Tribunale di Nola ritiene fondata.
Investito della controversia, infatti, il giudice riepiloga gli approdi giurisprudenziali in termini di individuazione del dies a quo del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria – iure hereditatis, quindi, trattandosi di responsabilità contrattuale, decennale – in ipotesi di fatto dannoso lungolatente e lo fa a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 576/2008.

Tale pronuncia chiariva come non fosse sufficiente la mera consapevolezza della vittima di “stare male”, occorrendo tutt’al più che quest’ultima si trovasse effettivamente nella possibilità di “apprezzare la «gravità» delle conseguenze lesive della sua salute con riferimento alla loro «rilevanza giuridica»”. Il dies a quo deve essere dunque collocato nel momento in cui la malattia sia percepita o possa essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, con l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche: laddove non sia conoscibile la causa della malattia, la prescrizione non può iniziare a decorrere.

L’inizio della decorrenza della prescrizione viene quindi ancorato a due parametri obiettivi: da un lato, l’ordinaria diligenza, dall’altro, il livello di conoscenze scientifiche dell’epoca. Per quanto attiene al primo parametro, lo stesso deve ritenersi soddisfatto dall’avvenuta consultazione del personale sanitario e dalla sottoposizione agli accertamenti prescritti, mentre, per quanto attiene al secondo, occorre misurare il livello delle conoscenze scientifiche dell’epoca in riferimento al personale o alla struttura sanitaria che ha assistito il paziente e verificare se siano state fornite informazioni tali da consentire all’interessato la connessione con la causa della patologia (cfr. anche Cass. nn. 24164/2019 e 22045/2017).

Questi principi sono stati altresì ribaditi per la posizione dei superstiti (i quali possono anche agire per il risarcimento dei danni iure proprio, che, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, dà luogo al regime di prescrizione quinquennale). La Cassazione ha infatti avuto modo di affermare che, per gli eredi del lavoratore, è indispensabile il realizzarsi dei seguenti requisiti: morte dell’assicurato e conoscenza o conoscibilità da parte dei superstiti della causa professionale del decesso, che deve comprendere: la conoscenza della presenza dell’agente nocivo nell’ambito del processo lavorativo e, inoltre, dell’esposizione a esso del lavoratore interessato con modalità tali da poter costituire un probabile fattore causale per la malattia (cfr. Cass. nn. 17656/2020 e 5090/2001).

Così ricostruito il quadro giurisprudenziale, il Tribunale di Nola evidenzia come gli eredi del lavoratore avessero acquisito conoscenza dell’origine professionale della malattia già il 6 aprile 1999, stante il menzionato riconoscimento effettuato dall’INAIL, nonché come, in ogni caso, ciò avvenisse il 10 maggio 2001, data di rilascio della certificazione medica attestante l’origine professionale del mesotelioma. Pertanto, le domande dovevano ritenersi inevitabilmente prescritte già alla data della messa in mora che, come sopra accennato, veniva trasmessa soltanto nel luglio 2018.

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