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Lunedì, 15 settembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

IVA del 10% anche se l’impresa di ristrutturazione cede l’immobile strumentale

/ Emanuele GRECO

Lunedì, 15 settembre 2025

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Le imprese che effettuano interventi di ristrutturazione edilizia o di restauro e risanamento conservativo sono agevolate, in termini di applicazione dell’IVA, sotto vari profili.

Beneficiano dell’aliquota del 10% tanto le prestazioni, dipendenti da contratti d’appalto, volte alla realizzazione dei predetti interventi edilizi e i relativi beni forniti per l’esecuzione dei lavori (n. 127-terdecies e n. 127-quaterdecies della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72), quanto le successive cessioni dei fabbricati su cui sono stati eseguiti gli interventi (n. 127-quinquiesdecies della Tabella A, parte III).

Per quanto concerne la cessione dei fabbricati, l’aliquota IVA del 10% presuppone il ricorrere di un elemento soggettivo e di uno oggettivo.

Dal punto di vista soggettivo, il cedente deve corrispondere all’impresa che ha eseguito i lavori sull’edificio ed è richiesto che detti lavori siano stati ultimati (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2009 § 6.5).

Sul piano oggettivo, devono essere stati eseguiti interventi di recupero di cui all’art. 3 comma 1 del DPR 380/2001 (anche se la norma fa ancora riferimento al previgente art. 31 della L. 457/78) diversi da quelli di cui alle lettere a) e b). Si deve, quindi, avere riguardo agli interventi di restauro e risanamento conservativo (lett. c), a quelli di ristrutturazione edilizia (lett. d) e a quelli di ristrutturazione urbanistica (lett. f).

La disposizione di riferimento (il richiamato n. 127-quinquiesdecies della Tabella A, parte III) non fornisce limitazioni in merito alla tipologia dei fabbricati oggetto degli interventi edilizi.
Ai fini dell’aliquota ridotta, detti fabbricati possono, dunque, possedere anche natura strumentale.

La C.M. n. 1/1994 (§ 6), commentando la disposizione (introdotta con il DL 557/93), aveva precisato che la ratio dell’intervento normativo era quella di eliminare la “differenziazione, collegata alla natura dell’immobile che penalizzava le opere di urbanizzazione ed equiparate e gli edifici assimilati alle case non di lusso rispetto agli altri fabbricati (case di abitazione, negozi, uffici etc.)”, consentendo l’applicazione dell’aliquota ridotta “a tutte le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati (compresi anche gli edifici assimilati alle case di abitazione, le opere di urbanizzazione ed equiparate ad altri edifici a destinazione non abitativa) effettuate dalle imprese che hanno realizzato gli interventi”.
In sostanza, già in sede di primo commento, l’Amministrazione finanziaria aveva chiarito che l’aliquota ridotta di cui al n. 127-quinquiesdecies in parola (oggi nella misura del 10%) si rendeva applicabile a tutti gli immobili, inclusi i fabbricati strumentali.

Una recente conferma di tale orientamento è stata fornita, dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 736/2021, ove si afferma che, se i lavori eseguiti rispondono a quanto previsto dalla norma, alla cessione si applica l’aliquota IVA del 10%.

La disposizione agevolativa è sufficientemente ampia da includere, nel caso dei fabbricati abitativi, anche quelli classificati come A/1, A/8 o A/9 (ossia quelli definiti dal legislatore come “di lusso”), a differenza di quanto avviene per le cessioni di fabbricati da parte delle imprese di costruzione (e non di ristrutturazione).
Tale principio è stato espresso, a livello giurisprudenziale, nelle recenti sentenze C.G.T. II Lombardia n. 1427/13/23 e C.G.T. I Vicenza n. 93/3/23.

Sono, invece, soggette ad aliquota IVA del 4% le cessioni degli immobili abitativi non “di lusso”, da parte delle imprese di ristrutturazione, nei confronti di acquirenti che sono in possesso dei requisiti “prima casa” (C.M. n. 1/1994, § 6, e ris. Agenzia delle Entrate n. 139/2007). Si applica in tal caso il più generale n. 21 della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, non essendovi ivi esclusi i fabbricati che sono stati oggetto degli interventi edilizi qui in argomento (es. ristrutturazione edilizia).

Inapplicabilità dell’agevolazione per i “Tupini”

Infine, non risultano applicabili, nel caso di interventi di recupero quali restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, le agevolazioni previste per la cessione dei fabbricati “Tupini”.

Il n. 127-undecies) della Tabella A, parte III, si riferisce, difatti, soltanto ai fabbricati “Tupini” ex art. 13 della L. 408/49, ancorché non ultimati, che siano stati ceduti da “imprese costruttrici”, non menzionando invece quelle che hanno eseguito sui fabbricati gli interventi di recupero di cui alle lettere c), d), f) dell’art. 3 del DPR 380/2001.

È, quindi, determinante la natura dell’intervento edilizio posto in essere dal cedente. Se ne trova una indiretta conferma nella circ. Agenzia delle Entrate n. 11/2007, in cui è stata esclusa l’aliquota del 10% per gli interventi di demolizione e ricostruzione di un fabbricato “Tupini”, non essendo essi configurabili come opere di costruzione dei predetti edifici.

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