«Operazioni baciate» con nullità a doppio senso
Nella cessione dell’azienda bancaria la nullità dell’acquisto delle azioni si propaga sui crediti restitutori di cui è divenuta titolare la banca cessionaria
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 22722/2025, ha stabilito che il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, ex art. 2358 c.c., salve le condizioni legittimanti previste, è applicabile alle società cooperative per azioni, nonché alle banche popolari che ne rivestono la forma.
La norma – pur legittimando le operazioni in questione in presenza di specifiche condizioni (autorizzazione dell’assemblea straordinaria e predisposizione di una relazione illustrativa degli amministratori) – prevede ancora un divieto generale a tutela dell’interesse di soci e di creditori alla conservazione del patrimonio sociale.
Essa, peraltro, è norma imperativa e la sua violazione comporta la nullità, ex art. 1418 c.c., sia del finanziamento che dell’acquisto delle azioni. La nullità del finanziamento “si propaga” all’atto di acquisto delle azioni.
A tal fine presentano rilievo indici presuntivi gravi, precisi e concordanti quali la contiguità temporale tra stipula del mutuo e acquisto delle azioni, la corrispondenza tra valore delle azioni e importo del mutuo e l’assenza di ulteriori giustificazioni dell’operazione.
Si tratta di indicazioni che la Suprema Corte ha già fornito (cfr. Cass. n. 372/2025 e Cass. n. 28148/2023) e che la decisione in commento non fa altro che ribadire.
Una questione che, invece, appare affrontata per la prima volta attiene ai rapporti tra tali conclusioni e la disciplina del DL 99/2017 sulla liquidazione delle banche venete. Ai sensi dell’art. 3 comma 1 del DL citato, infatti, i commissari liquidatori delle banche venete provvedono a cedere ad un soggetto l’azienda, nonché beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero attività e passività, anche parziali o per una quota di ciascuna di esse. Restano in ogni caso esclusi dalla cessione i debiti delle banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni od obbligazioni subordinate delle banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni od obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse.
Nel caso di specie l’azienda di una banca veneta veniva ceduta ad altra banca che sosteneva la propria irresponsabilità rispetto agli effetti delle “operazioni baciate”, e, quindi, l’inopponibilità da parte del mutuatario nei propri confronti della nullità del contratto di mutuo costituente la provvista finanziaria per l’acquisto delle azioni della banca cedente.
Questa pretesa è rigettata dalla Suprema Corte sulla base di una “propagazione” della nullità che appare invertire il proprio senso, ma che, in realtà, sembra il mero riflesso della nullità iniziale del mutuo. Si stabilisce, innanzitutto, che nelle “operazioni baciate” – nulle nel loro complesso – l’acquirente dei titoli azionari che abbia contratto un mutuo con la banca per l’acquisto delle sue azioni è legittimato a proporre nei confronti del cessionario dell’azienda bancaria l’azione di accertamento negativo del credito suscettibile di essere vantato da essa quale cessionaria della posizione creditoria della banca mutuante, non essendo le relative posizioni creditorie comprese nel novero delle fattispecie escluse dal trasferimento ex DL 99/2017 (limitate ai soli debiti della banca cedente e non anche ai crediti della stessa).
In pratica, si afferma, lo schermo protettivo del DL 99/2017 comporta l’irresponsabilità del cessionario per i debiti connessi alla indebita commercializzazione di azioni e obbligazioni subordinate ascrivibili ai comportamenti del cedente, ma non rende il cessionario insensibile alla propagazione della nullità dell’operazione di finanziamento, nella parte in cui sia accertato il collegamento negoziale tra l’operazione di finanziamento e l’acquisto di azioni.
Poi, però, il senso della propagazione sembra invertirsi. I crediti della banca cessionaria (il mutuo) – spiega la Cassazione – discendono da un contratto ad esso collegato (l’acquisto di azioni) nullo. Essi, seppure attinenti a un contratto (autonomo e distinto) di acquisto delle azioni, subiscono le sorti del contratto collegato. Il contratto di mutuo soggiace “di riflesso” agli effetti della nullità del titolo collegato (acquisto di azioni proprie in violazione del divieto di assistenza finanziaria) e ne subisce retroattivamente l’accertamento della nullità, come se quel credito mai fosse entrato nel perimetro di cessione. L’accertamento della propagazione della nullità ex tunc del contratto di acquisto di azioni proprie al contratto di mutuo comporta che quel titolo negoziale, una volta accertatane la nullità, non può produrre i suoi effetti nei confronti del cessionario, non essendo tale nullità inibita dalla cessione delle attività della banca cedente al cessionario ex art. 3 comma 1 del DL 99/2017.
È la responsabilità risarcitoria per l’acquisto delle azioni proprie che compete alla banca cedente, mentre quella relativa alla sterilizzazione del contratto di mutuo per effetto della propagazione ad esso della nullità relativa all’acquisto delle azioni della banca in violazione della disciplina di assistenza finanziaria compete al cessionario.
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