Per l’applicazione del «vecchio» equo compenso conta il conferimento dell’incarico
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 29039 depositata il 3 novembre scorso, ha stabilito che la “vecchia” disciplina dell’equo compenso – introdotta, per gli avvocati, dall’art. 13-bis della L. 247/2012 (successivamente abrogato dalla L. 49/2023) – si applica ai contratti di patrocinio conclusi successivamente alla sua entrata in vigore, ancorché la convenzione quadro disciplinante la quantificazione dei compensi nei rapporti tra le parti sia stata sottoscritta in epoca antecedente.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il diritto dell’avvocato a percepire il compenso per l’opera professionale prestata non trova titolo nella convenzione, ma nei contratti di patrocinio di volta in volta conclusi, in forza dei quali il professionista viene incaricato della difesa nei singoli giudizi.
Ne consegue che la validità della clausola relativa alla determinazione del compenso deve essere valutata non solo in relazione alla normativa vigente nel momento in cui è stata conclusa la convenzione avente ad oggetto la disciplina dei compensi nei rapporti tra le parti, ma anche nel momento in cui viene concluso il singolo contratto di patrocinio.
Peraltro, precisa ancora la Cassazione, la norma in questione non è applicabile retroattivamente a rapporti professionali esauriti alla data della sua entrata in vigore, non avendo natura interpretativa, né può applicarsi a rapporti instauratisi con contratti di patrocinio stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore e ancora in corso a tale data, in quanto il singolo contratto di patrocinio non integra un contratto di durata.
Come osservato, la disciplina dell’equo compenso di cui all’art. 13-bis della L. 247/2012 è stata abrogata dalla L. 49/2023, che ha completamente innovato tale materia e che, per espressa previsione dell’art. 11, non si applica alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della sua entrata in vigore (20 maggio 2023).
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