Le violazioni in tema di IVA non consentono la cancellazione dall’elenco delle partite IVA
Con la sentenza relativa alla causa C-164/24, pubblicata ieri, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito che non è conforme al diritto unionale e ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità la normativa di uno Stato membro che consente agli Uffici di cancellare dall’elenco delle partite IVA un soggetto passivo che abbia commesso violazioni in tema di IVA, senza aver prima analizzato la natura delle infrazioni commesse e il comportamento del soggetto passivo di cui trattasi.
La Corte di Giustizia evidenzia che il numero di partita IVA “costituisce un importante elemento di prova delle operazioni effettuate”. La direttiva IVA impone, difatti, in svariate disposizioni relative, segnatamente, alla fatturazione, alla dichiarazione e all’elenco riepilogativo, che detto numero d’identificazione del soggetto passivo, dell’acquirente dei beni o del destinatario dei servizi “sia obbligatoriamente indicato su tali documenti”.
Tuttavia, per quanto riguarda l’adozione di misure per cancellare i numeri di identificazione IVA precedentemente assegnati, la Corte evidenzia che la direttiva IVA “non contiene alcuna disposizione che autorizzi in generale gli Stati membri a prevedere nella loro normativa nazionale la cancellazione dal registro dell’IVA”.
In linea generale, gli Stati membri possono, se del caso, prevedere la cancellazione di un soggetto passivo dal registro dell’IVA.
In materia di sanzioni IVA, non essendoci un’armonizzazione a livello unionale, gli Stati membri possono scegliere le misura che sembrino loro appropriate. Sono, però, tenuti a esercitare questa competenza, da un lato, nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto dei principi di proporzionalità e neutralità fiscale.
Anche in ragione degli elementi descritti, la Corte conclude che una sanzione consistente nella cancellazione di un soggetto passivo dagli elenchi IVA, senza un divieto formale di esercizio dell’attività soggetta a IVA per il quale si era iscritto, “può condurre a rimettere in discussione costante e reiterata la situazione fiscale tanto del soggetto passivo stesso quanto degli acquirenti di beni e destinatari di servizi che esso fornisce”. Dunque, una siffatta sanzione non può ritenersi conforme ai principi di certezza del diritto, nonché di proporzionalità.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41