L’inversione dell’onere della prova per il liquidatore snellisce la motivazione
Occorre pur sempre un avviso di accertamento
I confini della responsabilità dei liquidatori dei soggetti IRES prevista dall’art. 36 comma 1 del DPR 602/73 è stata oggetto di una recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 27 novembre 2023 n. 32790), che ha fatto chiarezza sul tema.
Tra i tanti aspetti analizzati, si segnalano i seguenti:
- il liquidatore non è mai un obbligato solidale posto che la sua responsabilità va accertata con atto motivato e sussiste solo alle condizioni imposte dalla norma richiamata;
- la responsabilità ex art. 36 commi 5 e 6 del DPR 602/73 va fatta valere con un avviso di accertamento motivato e non con un semplice atto di riscossione, come potrebbe essere una cartella di pagamento o una intimazione ad adempiere (ancora più di recente è stata affermata l’illegittimità della responsabilità azionata mediante ingiunzione fiscale, Cass. 23 aprile 2025 n. 10734).
Su questi aspetti non c’è stato nessun revirement giurisprudenziale, considerato che da sempre la giurisprudenza è pacifica nel ritenere il liquidatore responsabile per fatto proprio nei limiti dell’art. 36 del DPR 602/73 e non in via solidale (Cass. 11 maggio 2012 n. 7327, Cass. 25 giugno 2019 n. 17020, Cass. 23 aprile 2025 n. 10734).
Premesso tanto, ai sensi dell’art. 36 comma 1 del DPR 602/73, “i liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
Il dato normativo è molto chiaro: il liquidatore risponde solo se assegna beni o denaro ai soci senza prima onorare i debiti tributari oppure se soddisfa prima debiti che hanno un rango inferiore a quelli tributari.
Non a caso, “Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
C’è però l’inversione dell’onere della prova il che semplifica non di poco la vita dell’ente creditore.
Se è vero che il liquidatore non è responsabile solidale (quindi il debito in capo alla società non può, sic et simpliciter, essere azionato nei suoi confronti) è del pari vero che al Fisco basta dimostrare che c’è stata una liquidazione (anche di fatto) e che ci sono debiti tributari insoluti che non sono stati onorati.
Incombe al liquidatore dimostrare di non aver assegnato beni o denaro ai soci senza prima onorare i debiti tributari oppure di non avere soddisfatto prima debiti che, nell’ordine di gradazione del codice civile, hanno un rango inferiore a quelli tributari.
Spetta al liquidatore fornire la dimostrazione di quanto esposto, producendo i verbali di assemblea, i bilanci e quant’altro può essere necessario (corrispondenza elettronica, piani di riparto e così via).
Ovviamente, alcuna responsabilità, alla radice, sussiste se non ci sono state operazioni di liquidazione né assegnazioni di beni ai soci. In questo caso basta depositare i verbali delle assemblee e i bilanci.
A questo punto, spetterà all’ente creditore la controprova, ovvero la dimostrazione che, in realtà, ci sono state assegnazioni di beni ai soci.
Le Sezioni Unite hanno anche affermato come il liquidatore possa difendersi censurando il merito della pretesa (Cass. SS.UU. 27 novembre 2023 n. 32790), ragion per cui o nel “suo” accertamento viene riportata la ragione del recupero oppure va allegato l’accertamento o altro atto emesso, a suo tempo, in capo alla società.
Se l’accertamento emesso in capo alla società non viene allegato e nell’atto notificato al liquidatore non figura la motivazione del recupero, l’atto potrebbe essere annullabile per vizio di motivazione. Comunque, se questo atto venisse depositato in giudizio, si tratterebbe di documento non conosciuto prodotto dalla controparte quindi ci sarebbero gli estremi per l’integrazione dei motivi di ricorso di cui all’art. 24 del DLgs. 546/92.
La responsabilità in oggetto riguarda tutte le imposte e non dovrebbe essere estesa alle sanzioni, considerato che l’art. 36 del DPR 602/73 non menziona queste ultime.
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