Si può trattenere l’indennità sostitutiva del preavviso dal TFR
In questo caso si verifica una compensazione atecnica ammessa dalla giurisprudenza
In assenza di giusta causa delle dimissioni, il datore di lavoro ha diritto a trattenere dal trattamento di fine rapporto l’indennità sostitutiva del preavviso trattandosi di una compensazione impropria (o atecnica), rispetto alla quale non opera la disciplina prevista dagli artt. 1241 c.c. e seguenti in materia di compensazione propria.
Lo ha ribadito il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 5476/2025, dopo che, in precedenza, tale principio era stato affermato dal Tribunale di Palermo, che si era pronunciato in un caso analogo, con la sentenza n. 392/2023.
Il giudice napoletano ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, il quale ammette, in presenza di pretese creditorie nascenti dal rapporto di lavoro o da rapporti giuridici che, seppur distinti, siano tra loro strettamente connessi, la c.d. compensazione “impropria” o “atecnica”, in cui vi è un mero saldo contabile delle rispettive partite di dare e avere.
Nella sentenza si richiama in particolare la pronuncia n. 26365/2024, con cui la Corte di Cassazione ha delineato con chiarezza i confini tra la compensazione tecnica e quella atecnica.
In particolare, i giudici di legittimità hanno specificato che nel caso in cui tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico rapporto giuridico “non vi è luogo ad un’ipotesi di compensazione «propria» ex artt. 1241 cod. civ. e segg. (...), che presuppone l’autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti, bensì ad un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza”, precisando altresì che a tale operazione contabile può procedere direttamente il giudice senza che siano necessarie l’eccezione di parte o la domanda riconvenzionale.
Nel caso trattato dalla sentenza in commento, il lavoratore aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa, ritenendo che la giusta causa risiedesse nella collocazione forzata da parte datoriale in ferie durante il periodo di preavviso che correva da una precedente comunicazione di dimissioni.
Il giudice napoletano, sulla scorta del principio secondo cui il datore di lavoro, nell’ambito dei propri poteri gestori e organizzativi, può legittimamente collocare in ferie il lavoratore che renda la prestazione lavorativa durante il preavviso conseguente al recesso con il solo limite di evitare la sovrapposizione dei due periodi (l’ultimo comma dell’art. 2109 c.c. vieta infatti il computo nelle ferie del periodo di preavviso ex art. 2118 c.c., quindi la coincidenza del periodo di godimento coatto delle ferie non fruite con il periodo di preavviso residuo) e conseguente differimento per legge del termine finale di preavviso al termine del periodo di fruizione delle ferie, ha ritenuto non sussistente, nel caso di specie, la giusta causa delle dimissioni. Al datore di lavoro, in forza dell’art. 2118 c.c., sarebbe di conseguenza spettata una somma di denaro a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, che, in sede di liquidazione del TFR, l’azienda aveva materialmente provveduto a trattenere.
Il Tribunale di Napoli ha ritenuto la trattenuta operata legittima, trattandosi di una compensazione “impropria” in cui l’accertamento contabile da eseguire interessava, da un lato, il credito per TFR del lavoratore spettante per effetto della cessazione del rapporto e, dall’altro, il credito vantato dalla società a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.
Si evidenzia che anche in altre occasioni la giurisprudenza di merito ha ritenuto ammissibile, nell’ambito dei rapporti di lavoro, la compensazione impropria tra le spettanze dovute al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, anche a titolo di TFR, ed eventuali crediti vantati dall’azienda a titolo di risarcimento del danno, ciò in quanto, ai fini della compensazione impropria, l’identità del rapporto non può ritenersi esclusa dalla natura risarcitoria di uno dei crediti (cfr. Cass. nn. 13647/2019 e 28855/2008). Tale circostanza può, ad esempio, verificarsi quando il datore di lavoro vanti un credito a titolo di risarcimento del danno per condotte illecite poste in essere dal dipendente (cfr. Trib. Roma n. 66773/2020).
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