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FISCO

La mediazione fiscale saltata non fa retrocedere il processo in primo grado

Improcedibilità solo se l’udienza è fissata prima dei 90 giorni dalla notifica del ricorso

/ Alfio CISSELLO

Giovedì, 31 luglio 2025

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L’art. 17-bis del DLgs. 546/92, ormai abrogato, prevedeva la c.d. fase di reclamo-mediazione, circoscritta agli atti impositivi del valore sino a 50.000 euro, che aveva una sorta di formazione progressiva:
- il contribuente notificava il ricorso nei consueti sessanta giorni a pena di decadenza;
- le parti, quasi sempre, si confrontavano per appurare se fosse possibile stipulare la mediazione o se fosse possibile accogliere in tutto o in parte le doglianze del contribuente;
- se si trovava l’accordo, nei 90 giorni dalla notifica del ricorso andava pagata la prima rata;
- se non si trovava l’accordo, il deposito del ricorso doveva avvenire sempre entro trenta giorni per il ricorrente oppure entro sessanta giorni per il resistente, ma i termini decorrevano non dalla notifica del ricorso ma dallo spirare di novanta giorni da tale notifica.

L’art. 2 del DLgs. 30 dicembre 2023 n. 220 ha abrogato l’art. 17-bis del DLgs. 546/92 dal 4 gennaio 2024.
Uno dei problemi più discussi era l’effetto del “salto” della fase di reclamo-mediazione, che poteva consistere o in un deposito del ricorso anticipato quindi prima dei 90 giorni o, caso più raro, anche nella fissazione dell’udienza prima dei termini per la costituzione del resistente, laddove, in violazione dell’art. 17-bis, il ricorrente si fosse costituito prima dei 90 giorni.

La Corte di Cassazione, per quanto è dato sapere per la prima volta, ha fatto chiarezza sulla questione con la pronuncia n. 21437 dello scorso 25 luglio 2025, sancendo in breve che l’errore è quasi privo di conseguenze processuali considerato che la lite non va rimessa in primo grado dal giudice di appello.

Bisogna considerare le seguenti norme:
- l’art. 17-bis comma 2 del DLgs. 546/92, secondo cui “Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo (...)“;
- l’art. 17-bis comma 3 del DLgs. 546/92, secondo cui “Il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Se la Commissione rileva che la costituzione è avvenuta in data anteriore rinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo”.

Rammentiamo che la costituzione anticipata del ricorrente, nell’ultima formulazione della norma, non dava mai luogo all’inammissibilità del ricorso.
Detto ciò, in primo luogo la Cassazione precisa che se il giudice non rinvia l’udienza non c’è una improcedibilità automatica del ricorso, “essendo la sua procedibilità condizionata solo dal rispetto del termine di giorni novanta di cui al secondo comma dell’art. 17-bis”.

Però, “La sua anticipata trattazione [ndr. prima del termine per la costituzione in giudizio del resistente], tuttavia, incide sui diritti di difesa delle parti, ed in particolare su quelli del resistente, il cui termine a difesa viene definitivamente compresso”.
La Corte di Cassazione, in sintesi, afferma che sussiste una violazione della legge processuale ma opera la c.d. conversione del vizio di nullità in motivo di gravame. Tradotto in parole semplici: il vizio è privo di rilievo, salvo rientri in una delle tassative fattispecie che legittimano il giudice di appello a rimettere la lite in primo grado, delineate dall’art. 59 del DLgs. 546/92.

Il caso potrebbe rientrare nella lettera b) sull’omessa instaurazione del contraddittorio, ma così non è considerato che il contraddittorio processuale si è validamente instaurato con la notifica del ricorso.
Viene all’evidenza fatta propria una nozione ristretta di contraddittorio processuale.

In appello comunque va tutelata la difesa

Pertanto, sebbene in primo grado la fase di mediazione sia saltata, il giudice di secondo grado deve decidere il merito della lite, “assicurando alla parte l’esplicazione dei diritti difensivi eventualmente sacrificati in primo grado ed eventualmente rinnovando gli atti compiuti nel giudizio precedente”.

Dovrà essere consentita la produzione di qualsiasi documento, cosa che, prima del DLgs. 220/2023, comunque avveniva sempre visto che i documenti potevano essere depositati in secondo grado senza alcuna limitazione.

C’è poi un aspetto, squisitamente processuale, da tenere molto bene in considerazione: se l’appello viene basato unicamente sulla violazione dell’art. 17-bis del DLgs. 546/92 (c.d. appello rescindente) esso è a rischio inammissibilità in quanto ove, come nella specie, il giudice ritenga la casistica non rientrante nell’art. 59 del DLgs. 546/92 non potrebbe esaminare il merito della lite, non essendo il merito stato devoluto dal primo grado al secondo grado ad opera dell’appellante.

Bisogna sempre riproporre il merito della vertenza nell’appello, censurando ogni altro possibile vizio della sentenza o riproponendo i motivi del ricorso introduttivo se non sono stati esaminati in primo grado, a prescindere dalla violazione dell’art. 17-bis del DLgs. 546/92 o di qualsiasi altra norma processuale.

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