Perizia di stima per le perdite eccedenti il patrimonio netto contabile
«Sterilizzazione» obbligatoria dei versamenti e conferimenti degli ultimi 24 mesi
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 278/2025 pubblicata ieri, si è pronunciata sul riporto delle perdite fiscali nell’ambito di una fusione per incorporazione realizzata nel 2024 alla luce delle recenti modifiche apportate dal DLgs. 192/2024. In sintesi, secondo l’Agenzia, nel caso in cui le perdite superino il patrimonio netto contabile, la relazione giurata di stima che quantifichi il patrimonio netto a valori economici costituirebbe un requisito imprescindibile al fine del riporto dell’eccedenza.
Il caso riguarda la possibilità per la società incorporante di riportare le perdite fiscali della società incorporata, appartenente al medesimo gruppo, disapplicando le limitazioni previste dall’art. 172 comma 7 del TUIR.
La disposizione, modificata dall’art. 15 comma 1 lett. b) del DLgs. 192/2024, condiziona il riporto delle perdite al superamento del “test di vitalità” delle società partecipanti alla fusione e al rispetto del (nuovo) limite del patrimonio netto. Le perdite delle società che superano il test di vitalità sono riportabili nel limite del patrimonio netto, da assumere in base al valore economico determinato alla data di efficacia della fusione in base ad apposita relazione giurata di stima; in assenza della relazione di stima, il limite quantitativo è stabilito (analogamente alla previgente disciplina) nel patrimonio netto contabile quale risultante dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art 2501-quater c.c.
La risposta merita di essere segnalata, rappresentando il primo intervento di prassi in relazione al nuovo regime.
In base all’art. 15 comma 2 del DLgs. 192/2024, le nuove disposizioni si applicano alle operazioni effettuate dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, rimanendo fermo che alle perdite, alle eccedenze di interessi passivi e alle eccedenze ACE conseguite antecedentemente non si applicano le disposizioni dell’art. 177-ter del TUIR sulla libera compensabilità delle perdite “infragruppo”. Questa decorrenza per le fusioni non risulta chiarissima, posto che in genere si legano le modifiche di determinati regimi alla data in cui l’operazione acquisisce i propri effetti giuridici (nella situazione esaminata, il 1° ottobre 2024).
Nel caso concreto, tuttavia, la fusione è retrodatata ai fini contabili e fiscali al 1° gennaio 2024, dal che per la società incorporata (che ha in dote le perdite) non si configura un periodo d’imposta autonomo e si dovrebbe poter fare riferimento al periodo d’imposta (unitario) dell’incorporante, il quale chiude, presumibilmente, al 31 dicembre 2024 e consentirebbe, quindi, di fare rientrare l’operazione tra quelle disciplinate dal “nuovo” regime. Un passaggio della risposta sembra confermare tale impostazione laddove afferma che l’incorporata supera il test di vitalità, mentre con riferimento al test del patrimonio netto ne viene richiesta la disapplicazione in relazione al suo dato contabile, pur se questo avrebbe potuto essere computato a valori correnti certificati da perizia “come richiesto dalla norma vigente e applicabile all’operazione ratione temporis”.
Diversamente, le posizioni fiscali (tax asset) della società incorporata realizzate prima del 2024 (pregresse) non rientrano comunque tra quelle “infragruppo” liberamente compensabili ex art. 177-ter del TUIR per espressa disposizione di legge.
Guardando quindi ai nuovi limiti, secondo l’Agenzia, in assenza di una relazione giurata, i tax asset dell’incorporata sono riportabili nei soli limiti del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio, “sterilizzato” dei versamenti e conferimenti degli ultimi 24 mesi. Nel caso concreto, essi consistevano in una rinuncia al finanziamento operato dalla controllante incorporante al fine di ricapitalizzare l’incorporata. L’Agenzia ha confermato la necessità di operare tale riduzione, pur senza dare motivazioni particolari del diniego alla disapplicazione della norma, ponendosi in continuità con i pronunciamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di versamenti per la ricapitalizzazione obbligatoria (Cass. n. 26697/2016) e in antitesi con precedenti della prassi che avevano fatto salvi tali versamenti dietro dimostrazione dello svolgimento di un’effettiva attività economica da parte della società interessata (risposta a interpello n. 109/2018).
L’Agenzia, richiamando la Relazione illustrativa al DLgs. 192/2024, ritiene che l’onere del contribuente di ricorrere alla perizia di stima per l’individuazione del valore economico del patrimonio netto non sussista nel solo caso in cui il valore contabile dello stesso risulti capiente rispetto all’ammontare di tax asset da riportare; diversamente, il diritto al riporto delle posizioni fiscali eccedenti il patrimonio netto contabile risulterebbe subordinato alla valutazione del valore economico dello stesso con relazione giurata di stima.
Il punto dovrebbe essere oggetto di chiarimenti ulteriori, posto che dovrebbe essere nella disponibilità delle società interessate la richiesta di disapplicazione dei limiti anche in assenza di una valorizzazione in termini reali dell’entità interessata, rappresentando essa un elemento (ma non l’unico) suscettibile di dimostrare l’assenza di elusività nell’incorporazione di entità con una scarsa patrimonializzazione.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41