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Senza pretesa tributaria non può esserci confisca

Se fosse disposta la confisca di una somma non più dovuta, questa verrebbe attribuita alle finanze erariali in assenza di una giusta causa

/ Maria Francesca ARTUSI

Martedì, 4 novembre 2025

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Come più volte la giurisprudenza penale ha evidenziato, richiamando la previsione dell’art. 12-bis comma 2 del DLgs. 74/2000, il sequestro dei beni finalizzato alla confisca obbligatoria prevista dal comma 1 della medesima disposizione legislativa non è disposto, salvo il caso di documentata situazione di pericolo, se il debito tributario è in corso di estinzione tramite rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione; sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i pagamenti.

Secondo l’interpretazione che di tale disposizione è stata fornita, l’eventuale intervento di un accordo tra contribuente e Amministrazione finanziaria per la definizione agevolata della controversia tributaria, mediante pagamento rateale del debito tributario, non osta al sequestro preventivo finalizzato alla confisca delle somme costituenti profitto del reato. Ciò in quanto la funzione del vincolo cautelare è quella di garantire che l’adottata misura ablativa, inefficace con riguardo alla parte coperta dall’impegno, esplichi i propri effetti qualora, per effetto dell’inadempimento da parte del contribuente agli obblighi a suo carico derivanti dall’avvenuto accordo transattivo, il versamento promesso non si verifichi (si veda Cass. n. 28709/2024). Al contrario la confisca può essere disposta in assenza di un definitivo inadempimento degli obblighi contratti in sede di transazione.

Su tali principi torna la sentenza n. 35840, depositata ieri dalla Cassazione penale, precisando che è coerente con il principio appena esposto il fatto che, laddove l’accordo transattivo fra contribuente e amministrazione finanziaria abbia avuto piena attuazione e l’obbligazione da esso scaturente abbia trovato integrale adempimento da parte del contribuente, non solo debbono essere rimossi gli effetti del sequestro ove essi fossero ancora in esecuzione, ma neppure può più essere disposta la confisca della somma originariamente dovuta.

In tal senso si è anche espressa precedente giurisprudenza che ha puntualizzato che, intervenuto l’integrale adempimento del debito tributario conseguente alla procedura conciliativa con l’Amministrazione finanziaria, deve escludersi il mantenimento del sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato, venendo meno il nesso di necessaria strumentalità fra l’ablazione delle somme corrispondenti alle imposte evase e l’esigenza del loro recupero. Tale regola – è stato chiarito – opera anche laddove, per effetto della transazione fiscale, la determinazione dell’imposta dovuta operata in sede amministrativa (evidentemente in esecuzione dell’accordo transattivo) diverga dalla determinazione dell’imposta evasa operata in sede penale (Cass. n. 32282/2024).

Nel caso affrontato dalla pronuncia oggi in commento, la società ricorrente aveva integralmente onorato gli impegni assunti in sede di concordato fallimentare; pertanto non pareva residuare, in ragione delle cause che avevano determinato l’insorgere del procedimento penale definito per omesso versamento IVA, alcun debito tributario.
Infatti, se fosse disposta la confisca di una somma di danaro non più dovuta, questa verrebbe attribuita alle finanze erariali in assenza di una giusta causa.

Ad una tale conclusione – precisano i giudici di legittimità – si perviene anche nell’ipotesi, in ampia parte assimilabile a quella qui in esame, in cui la transazione fiscale sia intervenuta, ai sensi dell’art. 183-ter del RD 267/42, cioè la oramai abrogata legge fallimentare, ancora vigente al momento in cui sono stati definiti i rapporti fra la società ricorrente e l’Amministrazione finanziaria, in occasione di un concordato.

Non rileva che l’accordo sia nell’ambito di un concordato fallimentare

In tale evenienza, l’avvenuto adempimento della obbligazione nascente dalla intervenuta transazione fiscale incide, riducendone il “quantum”, sul debito tributario. Di conseguenza il suo perfezionamento, anche se successivo all’irrevocabilità della sentenza dichiarativa della responsabilità dell’imputato, comporta che il giudice dell’esecuzione non possa mantenere la confisca del profitto del reato nella misura stabilita in sentenza, pena la violazione del principio di proporzionalità (Cass. n. 44519/2024).

In definitiva, la circostanza che l’accordo fra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria sia intervenuto non in occasione di un concordato preventivo ma in relazione ad un concordato fallimentare, non pare modificare sensibilmente i termini della questione.

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