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LAVORO & PREVIDENZA

Illegittimo il licenziamento fondato sul contenuto di comunicazioni private

Non rientra tra le prerogative datoriali un potere sanzionatorio di tipo meramente morale nei confronti dei dipendenti

/ Federico ANDREOZZI

Lunedì, 25 agosto 2025

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La giusta causa di licenziamento è collegata a comportamenti che determinano la violazione degli obblighi facenti capo al lavoratore, individuati come doveri di conformazione, diligenza e fedeltà, strettamente connessi all’osservanza delle prescrizioni attinenti all’organizzazione aziendale, ai modi di produzione e agli interessi dell’impresa; anche il rilievo disciplinare di condotte extralavorative dei dipendenti è subordinato alla idoneità delle stesse di riflettersi, in senso negativo, sul rapporto fiduciario e sulla prospettiva della regolare esecuzione della prestazione. Non rientra tra le prerogative datoriali un potere sanzionatorio di tipo meramente morale nei confronti dei dipendenti, tale da comprimere o limitare spazi di libertà costituzionalmente protetti, come quello concernente la corrispondenza privata.

Da ciò discende che la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza privata e il diritto alla riservatezza nell’ambito del rapporto di lavoro impediscono di fondare un licenziamento per giusta causa sul contenuto delle comunicazioni private del lavoratore, trasmesse con il telefono a persone determinate, a prescindere dai modi con cui il datore ne sia venuto a conoscenza.
In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Trani, con la sentenza n. 796/2025, nell’ambito di una vicenda che, per la sua singolarità, merita attenzione.

Nel caso di specie, infatti, una lavoratrice veniva licenziata per giusta causa: tra le condotte contestate, emergeva l’aver segnalato a un referente territoriale del WWF, tramite messaggi inviati su messenger, l’abbattimento di alberi da parte del datore di lavoro per la costruzione di un’autostrada. La stessa aveva, inoltre, pubblicato su facebook immagini raffiguranti alberi abbattuti, accompagnate dalla didascalia “Abbattimenti seriali notturni di alberi tutt’ora in corso” oppure “qui prima vivevano alberi innocenti [...] sterminio”.

In forza di queste e altre simili condotte, il datore aveva dato luogo al licenziamento, ritenendo irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario con la dipendente; quest’ultima aveva quindi adito l’autorità giudiziaria. Investito della controversia, il Tribunale di Trani accoglie il ricorso della lavoratrice rilevando, in prima battuta, come il diritto di critica, consistente nell’esprimere un’opinione o un giudizio su un determinato argomento, si colloca nell’alveo della libertà di manifestazione del pensiero che trova specifico fondamento nell’art. 21 Cost. In ambito lavoristico, la libertà in esame trova la propria tutela nell’art. 1 della L. 300/70, in forza del quale “[i] lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge”.

A fronte di tale impianto normativo, la giurisprudenza di legittimità ha individuato le condizioni per esercitare legittimamente il diritto di critica: oggettiva esistenza dei fatti posti alla base delle opinioni espresse, narrazioni di valutazioni concernenti argomenti che rispondano a un interesse della collettività mediante un linguaggio corretto, sia nella forma sia in relazione al contenuto dell’opinione espressa, che non sfocino in una immotivata lesione dell’altrui reputazione (cfr. ex multis Cass n. 17784/2022).

Il Tribunale rileva come la condotta posta in essere dalla lavoratrice fosse rispettosa di tali indici: i commenti pubblicati, oltre a riguardare eventi effettivamente verificatisi, concernevano un tema di interesse collettivo, quale la tutela dell’ambiente; inoltre, i “post” non contenevano parole offensive della reputazione altrui, rivelandosi rispettose del diritto di critica.
Invece, per quanto concerne le comunicazioni intercorse con il responsabile locale del WWF, il Tribunale puntualizza come dette condotte siano state compiute nell’ambito di contesti del tutto privati. Il datore, infatti, perveniva a queste conversazioni in via indiretta, in quanto trasmessegli dallo stesso responsabile del WWF; in merito, basti richiamare l’art. 15 Cost., in forza del quale la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Tale norma, precisa il giudice di Trani, tutela la libertà della corrispondenza e la segretezza che, a sua volta, presuppone la volontà del mittente affinché il contenuto della comunicazione non venga divulgato a soggetti diversi dal destinatario.

Ecco dunque che, in applicazione di detti principi, il Tribunale giunge a ritenere insussistente la giusta causa di licenziamento, posto che la condotta contestata alla lavoratrice rientra pienamente nell’ambito di tutela dell’art. 15 Cost., dal momento che il contenuto delle conversazioni con il rappresentante del WWF veniva divulgato proprio da quest’ultimo, in contrasto con la volontà della ricorrente di escludere soggetti estranei dalla conversazione.

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