Per riliquidare l’indennità di maternità delle assistenti di volo decadenza annuale
Il computo ritenuto legittimo al pagamento non può considerarsi discriminatorio sulla base di un orientamento sopravvenuto
Non rappresenta una discriminazione diretta, ma rientra nella categoria dell’inadempimento parziale dell’obbligazione di pagamento dell’indennità di maternità il computo dell’indennità di volo nella misura della metà se al momento del pagamento della prestazione previdenziale tale criterio era ritenuto legittimo, sebbene vi fosse sul punto un contrasto giurisprudenziale.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24656/2025 in relazione al caso di una lavoratrice, con qualifica di assistente di volo, che lamentava di aver subìto una discriminazione per effetto del computo al 50% dell’indennità di volo nella base di calcolo dell’indennità di maternità.
In merito si precisa che soltanto con la sentenza n. 11414/2018 della Cassazione è stato confermato come, nella base di calcolo per determinare l’indennità di maternità in favore delle lavoratrici con qualifica di assistente di volo, l’indennità di volo deve essere inclusa, vale a dire per intero e non al 50%, in quanto l’art. 23 del DLgs. 151/2001 si limita a tal fine a richiamare le voci retributive da prendere in considerazione, “ma nulla dice in ordine alla misura di detti elementi”.
Nel caso di specie, l’indennità di maternità era stata corrisposta in un momento antecedente rispetto a tale pronuncia, cosicché la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha evidenziato come il criterio di computo utilizzato – ritenuto legittimo al momento del pagamento – non possa poi considerarsi discriminatorio sulla base di un orientamento giurisprudenziale sopravvenuto. La domanda era quindi da ritenersi diretta a ottenere l’indennità in questione nella misura di legge, mentre la lamentata discriminazione doveva considerarsi addotta all’esclusivo fine di corroborare l’indicata domanda principale di corretto adempimento dell’obbligazione previdenziale.
Esclusa la natura discriminatoria della condotta aziendale, con la decisione in commento la Cassazione, in senso difforme da quanto statuito dalla Corte d’Appello, ha così ritenuto applicabile l’art. 47 comma 6 del DPR 639/70, ai sensi del quale le decadenze previste dai precedenti commi di tale norma si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi a oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito; in tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte.
Di conseguenza, nel riprendere quanto già statuito con la decisione n. 12400/2024, è stato ribadito il principio secondo cui dal dies a quo individuabile ai sensi del citato comma 6 dell’art. 47 si devono calcolare soltanto l’anno – per le prestazioni temporanee – o i tre anni – per i trattamenti pensionistici – “della decadenza vera e propria, senza addizioni rivenienti dalla procedura amministrativa pregressa, ormai superata dal provvedimento di riconoscimento, sia pure parziale, adottato dall’Ente”.
Nel caso di specie, rientrandosi nell’ipotesi di una riliquidazione di prestazione previdenziale temporanea parzialmente riconosciuta, i giudici di legittimità hanno affermato che la domanda amministrativa resta del tutto estranea anche in ordine al decorso del termine di decadenza, ancorato nel dies a quo alla data del riconoscimento della prestazione parziale o di pagamento della sorte e non ad atti diversi del procedimento amministrativo.
La lavoratrice doveva quindi considerarsi decaduta dalla domanda finalizzata alla riliquidazione della prestazione, con estinzione del relativo diritto, avendo depositato il ricorso giudiziale oltre l’anno dal pagamento parziale dell’indennità di maternità goduta mediante anticipazione da parte del datore di lavoro.
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