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Domenica, 1 giugno 2025

EDITORIALE

Monti prende la fiducia, ma la infonde pure

/ Enrico ZANETTI

Venerdì, 18 novembre 2011

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Al netto di alcune perplessità che si potranno diradare o infittire solo quando il nuovo Governo avrà iniziato ad operare in concreto, è bello poter dire che ieri, con il suo discorso al Senato, Mario Monti non ha solo preso la fiducia: ne ha anche infusa.
Ed era da tempo che questo non accadeva nelle aule parlamentari e, più ancora, nel Paese.

Ha parlato di tagli ai costi della politica e dimagrimento dello Stato.
Ha parlato di un sistema pensionistico da rivedere, perché caratterizzato da ampie disparità di trattamento tra generazioni, con aree ingiustificate di privilegio per taluni a danno di altri.
Ha parlato di lotta all’evasione fiscale come strumento per programmare nel tempo un’incisiva riduzione delle imposte.

Ha fatto chiaramente capire che, se altri interventi sul fronte delle entrate dovranno esservi (e purtroppo dovranno esservi per forza, non fosse altro per riempire di contenuti le scatole vuote di 4 miliardi, 16 miliardi e 20 miliardi di euro lasciate in gentile dote dal precedente Governo per il 2012, 2013 e 2014), riguarderanno prioritariamente il comparto immobiliare, ossia l’unico inspiegabilmente trascurato dalla doppia manovra estiva e poco tempo fa addirittura beneficiato dall’improvvida cedolare secca sulle locazioni immobiliari.

Parole e soltanto parole: verissimo. Noi per primi attendiamo di vedere i fatti.
Eppure, si tratta di parole che presentano due elementi che le differenziano da tante altre udite in questi ultimi mesi.
Il primo elemento: sono parole che coniugano e mischiano insieme ricette che rappresentano tabù per una parte del Parlamento con ricette che rappresentano tabù per l’altra parte, dando finalmente l’impressione, a chi ascolta, di avere a che fare con uomini in carne ed ossa che hanno una visione d’insieme pragmatica sui problemi, invece che con artisti del veto incrociato e suonatori di una musica risalente, loro malgrado, a un’altra era geologica della politica e dell’architettura sociale di questo Paese.

Da questo punto di vista, il passaggio di Monti al Senato non somiglia certo a quello di un marziano che pretende di insegnare a 315 terrestri come vivere sul loro pianeta, quanto piuttosto a quello di un terrestre che spiega a 315 marziani che il pianeta su cui vivono non è il loro.

Il secondo elemento: sono parole pronunciate da qualcuno che, mentre le declama, non ha già alle spalle anni e anni di Premierato, di Ministero dell’Economia o di opposizione assolutamente improduttiva e querulante.
Questo ovviamente non vuol dire che possiamo essere certi che chi le pronuncia sarà capace di attuare quello che dice, anzi.
Vuole però perlomeno dire che non dobbiamo essere, già mentre le udiamo, certi che non ne sarà capace.

Dati gli ultimi tempi, si tratta di un salutare passo avanti.
Silvio Berlusconi si è giocato la propria credibilità in mille diversi modi.
Giulio Tremonti se l’è giocata, se non altro, raccontando in audizione alla Camera lo scorso maggio che ai conti pubblici servivano piccoli aggiustamenti, quando tutti, dai sindacati a Confindustria al Consiglio nazionale dei commercialisti, avevano scritto nero su bianco già prima di allora che sarebbero serviti dai 40 ai 50 miliardi di manovra.

Manovra che alla fine fu costretto a varare e che gestì poi durante l’estate, nei modi drammaticamente farseschi cui abbiamo assistito.
Forse anche Mario Monti si giocherà la sua credibilità e forse se la giocherebbe chiunque nelle condizioni cui siamo arrivati, ma in quel “forse” risiede tutta la speranza che prima non poteva più esserci.
Lo vedremo presto, dannatamente presto.

Nel mentre, con la stessa disapprovazione con cui guardiamo al passaggio dal collegio sindacale con tre sindaci al sindaco unico, togliamoci il lusso di guardare con speranza al contestuale passaggio da “tre monti” al “monti unico”.

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