Monti, Tremonti o Visco, la triste organizzazione italiana non cambia
Egregio Direttore,
da ormai 20 anni mi occupo d’imposte e sono iscritto all’Ordine di Trento dal 1997. Ogni giorno, provo imbarazzo e rabbia nel vedere che, al cambiare dei timonieri alla guida dell’Amministrazione finanziaria, la rotta non cambia.
Tralascio volutamente la facile e retorica lamentela su pressione fiscale e assurdo isterico legiferare, cosa che, a ragion veduta, fanno tutti. Occorrerebbe avere il coraggio di fare tabula rasa e rifare il sistema da capo, dando l’incarico in mano a persone capaci e sapienti. Abbiamo dei tecnici talmente brillanti, che noi addetti al mestiere conosciamo bene, che in tre mesi renderebbero tutto facile, equo e di lineare applicazione. Almeno 10 i nomi su cui puntare: non soggetti dal pedigree sconosciuto, ma gente che mangia pane e tasse da 20/30 anni.
La mia lettera, però, vuole porre l’accento sull’ennesima e vergognosa proroga, gioco forza vista da commercialisti, associazioni di categoria e contribuenti come salvagente temporale. Ma è possibile che un intero settore lavorativo – il nostro – non possa mai pianificare nulla perché lo Stato non è in grado, lui per primo, di osservare una scadenza nel preparare le proprie cose? La vergogna è che lo Stato ritarda sapendo di ritardare e allora tanto varrebbe fissare una volta per tutte delle scadenze inamovibili ma adeguate, senza fare ogni volta queste patetiche correzioni in corsa.
Anche Monti, visto in un primo tempo con fiducia e speranza, si è rivelato incapace di sovvertire l’inerzia della disorganizzazione e non ha avuto il coraggio di chiamare qualche tecnico che avrebbe potuto illuminarlo davvero, rimpiazzando i logori team del legislativo fiscale che, evidentemente, restano sempre gli stessi. Tutto come sempre, basti vedere cosa si è combinato con l’IMU. La sola circolare esplicativa di sabato scorso con le indicazioni su un’impostina ridicola, potrebbe equiparare un Testo unico di altri Paesi su imposte di ben altro rango. Addirittura, i Comuni sentono il bisogno di scusarsi con i cittadini per il caos: basta leggere la lettera del Comune di Trento, ad esempio, dove si dice testualmente “stiamo facendo il possibile, ci creda, per rendere le cose più semplici possibili”.
Siamo alla “vergogna conto terzi”: la stessa che provo io nel fare i corsi al mio personale su come vanno compilate le dichiarazioni dei redditi, piene di informazioni inutili perché tutte già in possesso dell’Amministrazione o comunque da produrre in sede di controllo, come sempre. Infatti, citando solo un esempio, l’Agenzia delle Entrate da ormai 10 anni non “vede” i ravvedimenti operosi e nemmeno si cura di cercarli nei propri archivi, tanto chi “corre” è sempre il solito contribuente, a fronte di avvisi assolutamente automatizzati elaborati da uno “stupido” computer non supervisionato da nessuno. Che dire poi della tempestività nell’iniziare i controlli formali delle dichiarazioni a maggio, in piena bagarre per studi e associazioni che, già al collasso, si trovano sommerse dalle lettere pervenute alla clientela per vedere se gli oneri indicati nelle dichiarazioni sono corretti?
Mi viene il dubbio che tutto ciò, in un periodo di “gettito ad ogni costo”, sia fatto apposta dalla sede centrale del Ministero che ormai sta “grattando il fondo del barile” su ogni cosa e così, magari per sfinimento, qualcuno si trova a pagare anche il non dovuto, cosa che alle casse dello Stato fa giusto bene. Non parliamo poi di adempimenti ancora più assurdi, come la necessità di confermare opzioni per cedolare secca con presentazioni di modelli allo sportello, quando era più che sufficiente farlo in dichiarazione, come per il primo anno di regime transitorio e senza problema alcuno. Invece tutti in fila a presentare modelli 69, intasando sportelli e rubando tempo prezioso ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate, oltre che agli addetti ai lavori e ai contribuenti.
Traccia di disposizioni che farebbero ripartire interi settori non ne vediamo e basterebbe un semplice commercialista per trovare qualche buona idea. Le do un paio di esempi: se in edilizia la si piantasse con l’assurda pretesa che per acquistare una nuova prima casa e godere di agevolazioni su IVA e imposta di registro occorre prima vendere la vecchia, il “volano” economico sarebbe molto più semplice, dato che basterebbe dare un limite di tempo postumo in cui la casa vecchia va venduta, pena la corresponsione di IVA o registro ad aliquota piena (esempio 12/18 mesi).
E perché non equiparare la permuta tra impresa e privato a quella tra due privati, incassando imposta solo sull’atto a contenuto più elevato e avendo cura di tassare il prezzo valore costituito dalla rendita catastale, in modo che si possano creare dei preliminari salvagente, nel caso in cui il privato non riesca a vendere la casa autonomamente?
Ah, dimenticavo! Sarebbero due operazioni a costo zero per l’Erario, anzi ad introito maggiore perché spesso la gente, sfinita dalle difficoltà, rinuncia per non rischiare pesanti conseguenze economiche date dai tempi stretti cui vanno incontro.
Giorgio Manfioletti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trento
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