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EDITORIALE

Deludente e preoccupante lo schema di decreto sulle professioni

/ Enrico ZANETTI

Lunedì, 18 giugno 2012

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Lo schema di decreto per la riforma degli ordinamenti professionali, approvato lo scorso venerdì dal Consiglio dei Ministri, é significativamente deludente.

In primo luogo, delude il fatto che non si siano attuati i principi già fissati dalla Legge n. 148/2011 andandoli a collocare direttamente nei singoli ordinamenti professionali.
Questo approccio avrebbe indubbiamente richiesto molto più lavoro da parte degli uffici legislativi e voglia di lavorare, pare evidente, non ce n’è stata affatto.
In compenso, tuttavia, avrebbe anche garantito una maggiore organicità disciplinare e ridotto al minimo le incertezze applicative che, con questa tecnica legislativa grossolana da “un tanto al chilo”, risulteranno sicuramente triple o quadruple di quelle che potrebbero invece essere.

In secondo luogo, deludono non poco proprio quelle parti dello schema di DPR in cui si é andati oltre la mera ripetizione pedissequa dei principi già enunciati nei decreti e nelle leggi che lo avevano preceduto dallo scorso agosto in poi.
Pessima, veramente pessima, la norma sui tirocini professionali, sempre meno “praticantato” e sempre più stage universitario e master post-universitario insieme.
Su 18 mesi di durata complessiva, 6 sono previsti durante l’Università e ulteriori 6 devono svolgersi in parallelo alla frequenza obbligatoria di corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a 200 ore, con tanto di verifiche intermedie e finali del profitto, affidate ad una commissione composta in pari numero da professionisti e docenti universitari.
Con tanto di chicca finale: la commissione di valutazione deve essere presieduta da un docente universitario “in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale”.
Inciso normativo da confini della realtà che non sfocia nella fantascienza spinta solo perché manca l’ulteriore motivazione “e per garantire il rispetto dei principi meritocratici” che costituisce, in effetti, il fondamento stesso degli ambienti universitari italiani (sui quali, a differenza che sulle professioni, questo Governo non sente il bisogno di avviare radicali riforme).

Molto male anche la gerontocratica previsione della impossibilità di essere affidatari di praticanti fino al compimento del quinto anno di anzianità di iscrizione all’Albo: in casa commercialisti si discute da tempo sulla opportunità di eliminare dall’ordinamento questa norma discriminatoria per i giovani professionisti, ma é chiaro che ci diverrà tanto più impossibile nella misura in cui dovesse divenire addirittura regola imprescindibile per tutti quanti gli ordinamenti professionali.
E meno male, tra norme discriminatorie e moltiplicazione degli obblighi e degli esami intermedi durante il tirocinio, che uno degli obiettivi dichiarati della riforma sarebbe quello di agevolare l’accesso alle professioni e i giovani professionisti.

Deludente anche l’articolato dello schema di decreto nella parte in cui regolamenta la separazione della funzione disciplinare dalle altre funzioni che rimangono in capo ai tradizionali Consigli locali e nazionali degli Ordini.
Ci si aspettava che l’introduzione di questo principio presagisse alla volontà, tutto sommato condivisibile, di aprire i collegi di disciplina ai cosiddetti “laici”, ossia a una componente di non iscritti al medesimo Albo; invece tutto si é ridotto a una sorta di delocalizzazione incrociata, per effetto della quale gli iscritti di un Ordine locale vengono giudicati sempre esclusivamente da colleghi che siedono nel Consiglio, però di un Ordine locale vicino e non del proprio.
Una delusione che sfocia nella pura e semplice perplessità, nell’istante in cui ci si trasla al livello nazionale: qui, infatti, i componenti del collegio di disciplina, non potendo più essere i componenti del Consiglio nazionale in carica, saranno i primi dei non eletti e, nel caso di voti di lista, i primi dei non eletti appartenenti alla lista con il maggior numero di voti.
Una norma che per altro mal si sposa con l’attuale meccanismo elettorale vigente in casa commercialisti e che, entrando in vigore prima della prossima scadenza elettorale, potrebbe imporne una rivisitazione per prevedere all’interno delle liste, oltre che i candidati consiglieri effettivi e supplenti, pure i candidati al collegio di disciplina.

Dove però gli organi di rappresentanza dovrebbero concentrare la loro attenzione, é proprio sull’articolo di apertura dello schema di decreto e, in particolare, sulla definizione di “professione regolamentata” che viene ivi data.
Si legge infatti che, per professione regolamentata, si intende “l’attività, o l’insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi o in ogni caso in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, quando la iscrizione subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento delle specifiche professionalità, e, in ogni caso, l’attività esercitata con l’impiego di un titolo professionale il cui uso riservato a chi possiede una qualifica professionale”.
Dove sta l’inghippo?
Sta in quel “o in ogni caso in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici”.
La parificazione di questi albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici agli ordini o collegi apre la strada a futuri riconoscimenti di mere funzioni, quali ad esempio quella di revisione legale, alla stregua di vere e proprie professioni.
Attenzione dunque a sottolineare nei dovuti modi che quell’inciso é completamente fuori posto in un DPR che ha come funzione quella di disciplinare gli ordinamenti professionali in un contesto giuridico, quale quello italiano, che si caratterizza per il fatto che gli ordinamenti professionali sono organizzati in ordini o collegi e basta.
Gli albi e i registri tenuti presso pubbliche amministrazioni regolamentano funzioni, non professioni.
Il CUP ha giustamente lamentato il fatto di non essere stato sentito dal Governo nel percorso di stesura di questo schema di DPR.
Sarà il caso che trovi il modo di farsi sentire ora.

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