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LETTERE

Prematuro pensare oggi a un unico ente previdenziale interprofessionale

Venerdì, 22 gennaio 2016

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Gentile Redazione,
non si può che essere lieti se i colleghi esperti contabili hanno finalmente trovato un tetto, peraltro di derivazione ordinistica, sotto il quale trovare riparo per la loro legittima aspettativa previdenziale e assistenziale, dopo una lunga attesa durata sette anni. È stato soddisfatto un diritto costituzionalmente tutelato (art. 38 Cost.), uscendo dalla gestione separata INPS e trovando una collocazione presso la Cassa Ragionieri.

E, d’altra parte, non si può che essere lieti se i nostri colleghi ragionieri hanno finalmente raggiunto, o raggiungeranno, con la loro iscrizione, quell’equilibrio di lungo periodo che da tempo ricercano.
Noi dottori commercialisti, con la nostra Cassa, non potevamo, né possiamo, oggettivamente darglielo, come dimostrato dalle verifiche puntualmente da noi effettuate e previste dalla normativa pre-unificazione (art. 4 della L. 34/2005).
Era una questione oggettiva, esclusivamente contabile e prescindeva, come prescinde, da qualsiasi altra valutazione, con la conseguenza che, se un giorno i conti dovessero essere diversi, diverse potrebbero essere le conclusioni.

La previdenza è una materia ad assetto variabile, non sicuramente a breve, ma indubbiamente variabile: sarebbe sciocco pensare che ciò che va bene oggi andrà ancora bene tra vent’anni e viceversa.
Pensare oggi a un unico ente previdenziale interprofessionale è prematuro: troppe le differenze strutturali, tra, per esempio, architetti e medici, o tra infermieri e avvocati, ma tra vent’anni? Le professioni, come le viviamo oggi, come saranno tra vent’anni? E la previdenza a loro collegata? Ricordava tempo fa, in un convegno, l’ex direttore della nostra Cassa di previdenza, il prof. Scarpellini, che prima della seconda guerra mondiale quella delle levatrici era una professione molto forte e considerata, mentre ora quasi non esistono più.
Che ne sarà di dottori, ragionieri ed esperti contabili tra un lustro? Se guardiamo al nostro passato, la professione che facciamo oggi non è certamente quella per la quale ci siamo faticosamente preparati anni fa e chissà nel prossimo futuro.

Logicamente mi riferisco alle sole professioni ordinistiche.
Pensare oggi ad accorpamenti previdenziali tra professioni ordinistiche e non, è molto pericoloso.
È vero, possono essere utili a chi ha bisogno di ampliare il proprio bacino di utenza per raggiungere o stabilizzare la sua sostenibilità.
Ma minare il sistema previdenziale slegando un Ordine o Collegio professionale dalla sua Cassa naturale e unica per destinazione potrà essere utile per qualcuno oggi, ma sarà negativo per molti un domani, in quanto mina il sistema a ripartizione su cui si basa, per esempio, la Cassa Dottori.

A prescindere, infatti, dalla semplice tutela dell’utente che garantisce, o dovrebbe garantire, l’iscrizione a un Albo, chi mai in futuro affronterà lunghi e faticosi studi con sbocco professionale ordinistico, con relativo e conseguente obbligo previdenziale, quando potrà facilmente accedere all’esercizio di professioni simili ma non ordinistiche e con una previdenza magari non obbligatoria oppure oggetto di marketing attrattivo?
Le professioni come le conosciamo oggi perderebbero iscritti e addio alla tutela previdenziale direttamente connessa, come ben sottolinea un comunicato di AIDC del 19 gennaio.


Ernesto Franco Carella
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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