Per il mendacio bancario rileva la messa a disposizione del denaro
Ai sensi dell’art. 137 comma 1-bis del DLgs. 385/1993, salvo che il fatto costituisca reato più grave, chi, al fine di ottenere “concessioni di credito” per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente a una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a 10.000 euro.
La Cassazione n. 18795/2018 precisa che integra tale fattispecie l’amministratore che – dopo avere ottenuto correttamente un’apertura di credito – presenti in banca, per lo sconto, fatture oggettivamente false, così esponendo crediti in realtà inesistenti. Anche dal punto di vista soggettivo tale stratagemma è posto in essere con lo scopo di ottenere dalla banca, in favore della società amministrata, l’accreditamento di somme di denaro pari all’importo delle fatture fittizie (decurtate degli interessi).
Il termine “concessione di credito”, infatti, data la sua ampia valenza, va riferito a qualunque operazione bancaria che metta somme di denaro a disposizione del cliente e non può essere “confinato” solo al momento iniziale del rapporto ovvero al momento in cui viene assegnata una linea di credito.
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