Le offese in una chat privata non sono diffamazione
Il carattere di «corrispondenza privata» esclude l’intento denigratorio e pertanto non può fondare un licenziamento
I messaggi che circolano attraverso le nuove “forme di comunicazione”, ove inoltrati non a una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa ed inviolabile.
Tale caratteristica porta ad escludere, rispetto a questa tipologia di messaggi, qualsiasi intento o idonea modalità di diffusione denigratoria, tale da integrare un illecito.
Di conseguenza, è priva del carattere di illiceità – e, pertanto, non può fondare un licenziamento disciplinare – la condotta del lavoratore che abbia rivolto offese all’amministratore delegato nel corso di una conversazione su Facebook svolta in una chat chiusa o privata.
Lo ha stabilito la Corte di ...
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