Le somme depositate dopo l’omessa dichiarazione non sono profitto del reato
La Cassazione, nella sentenza n. 41104 depositata ieri, in relazione al sequestro del profitto dei reati tributari posti in essere dal rappresentante legale di una società, ha sottolineato come occorra considerarsi che, ove il profitto “accrescitivo” sia rappresentato da denaro (anche in termini di risparmio d’imposta), il provvedimento disposto sulle somme depositate sul conto corrente della società stessa è da qualificare come sequestro “diretto” e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto dell’ablazione ed il reato.
Ciò che rileva è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando il provvedimento in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito.
Peraltro, deve escludersi la possibilità di apprendere le somme giacenti sul conto corrente quando vi sia la prova che queste non possano in alcun modo essere derivate dal reato tributario.
Si pensi, in particolare, al caso in cui tali somme provengano da rimesse effettuate da terzi successivamente alla data di commissione del reato di omessa presentazione della dichiarazione IVA.
Di talché le stesse non possono, evidentemente, rappresentare il profitto del reato ossia il risparmio d’imposta derivante dall’evasione fiscale per effetto dell’omessa presentazione della dichiarazione.
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