Criterio della «differenza dei netti patrimoniali» non sempre utilizzabile
Il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 6324/2018, ricorda come la Cassazione abbia stabilito che il giudice può avvalersi, in via equitativa, nel caso di impossibilità di una ricostruzione analitica dovuta all’incompletezza dei dati contabili ovvero alla notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento, del criterio presuntivo della “differenza dei netti patrimoniali”, a condizione che tale utilizzo sia congruente con le circostanze del caso concreto e che, quindi, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato e abbia specificato le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla sua condotta (cfr. Cass. n. 9983/2017).
A fronte di ciò, si osserva, in primo luogo, come, ove si contesti l’illecita prosecuzione dell’attività sociale nonostante la perdita del capitale sociale, di inadempimento si possa legittimamente parlare solo quando tale situazione sia effettivamente conosciuta dall’amministratore in carica ovvero dallo stesso conoscibile secondo parametri di dovuta diligenza. Chiaramente, vertendosi in materia di responsabilità contrattuale, sussiste un preciso onere a carico dell’attore di puntuale allegazione di tale circostanza di fatto quale (necessario) elemento integrativo della fattispecie risarcitoria ipotizzata, cui, solo a questo punto, corrisponde a carico del convenuto l’onere di dimostrare il corretto esercizio delle proprie funzioni.
In particolare, poi, ove si contesti, come accadeva nel caso di specie, l’inadempimento dell’amministratore unico ai propri obblighi di ricostruzione del capitale sociale e di ripianamento delle perdite e/o messa in liquidazione della società dalla data di approvazione del bilancio 2012, ovvero dall’agosto 2013, l’oggetto delle doglianze è da circoscrivere alla condotta tenuta nella fase successiva, ma necessariamente escludendo la possibilità di individuare le condotte di danno in tesi indebite e il relativo danno da esse asseritamente cagionato sulla base del mero bilancio 2013, che evidentemente fa riferimento all’attività svolta nell’intero esercizio.
Sarebbe stato, invece, preciso e indifferibile onere dell’attore – anche in ragione della estremamente ridotta attività posta in essere successivamente all’agosto 2013 – individuare specificamente gli atti gestori in tesi indebitamente posti in essere dall’amministratore, con i relativi costi venuti a incidere sul patrimonio sociale senza alcun ritorno di utile (come tale legittimamente proponibili a fondamento della domanda risarcitoria presentata).
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