Reintegra con difetto di giustificazione del licenziamento per inidoneità fisica o psichica
In tutti i casi di licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore – sia esso assunto come disabile ovvero anche nel caso di inidoneità sopravvenuta – dovrà applicarsi la c.d. “tutela reintegratoria attenuata” – cioè la tutela che riconosce, oltre alla reintegrazione, un’indennità risarcitoria massima di 12 mensilità di retribuzione – ove il giudice “accerti il difetto di giustificazione”. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26675, pubblicata ieri, pronunciandosi su una fattispecie regolata dall’art. 18 della L. 300/1970.
Nel caso specifico la lavoratrice era stata licenziata per la sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate.
La sentenza d’appello oggetto dell’esame della Suprema Corte aveva ritenuto applicabile la c.d. “tutela indennitaria forte”, disciplinata dal quinto comma dell’art. 18 della L. 300/1970, che prevede solo il riconoscimento di una tutela monetaria, tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità di retribuzione.
La Cassazione non ha condiviso l’interpretazione della Corte di merito innanzitutto alla luce del tenore letterale dell’art. 18, comma 7 della L. 300/1970, che dispone l’applicazione della disciplina di cui al quarto comma dell’art. 18 della L. 300/1970 – cioè della c.d. “tutela reintegratoria attenuata” – “nell’ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore”.
In questo stesso caso, la tutela riconosciuta ai lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015 (e, più in generale, a tutti i lavoratori a cui si applichi il DLgs. 23/2015) è quella reintegratoria piena, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative (art. 2, comma 4, del DLgs. 23/2015).
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41