Attività di turismo rurale in regime ordinario se esercitata in via principale
Con la risposta a interpello n. 138 pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’attività di turismo rurale, ove esercitata in via principale, non può considerarsi connessa all’attività agricola ai fini dell’applicazione del regime forfetario di cui all’art. 56-bis comma 3 del TUIR o del regime IVA di cui all’art. 34-bis del DPR 633/72.
Per essere assoggettata ai suddetti regimi speciali, infatti, occorre che tale attività sia svolta in connessione con l’attività agricola ai sensi dell’art. 2135 comma 3 c.c. La connessione si ravvisa se:
- l’imprenditore che svolge l’attività di turismo rurale esercita anche la coltivazione del fondo o del bosco ovvero l’allevamento di animali;
- per lo svolgimento dell’attività in argomento l’imprenditore utilizza “prevalentemente” attrezzature o risorse dell’azienda “normalmente” impiegate nell’attività agricola principale, ossia impiegate in via continuativa e sistematica in quest’ultima (circ. Agenzia delle Entrate n. 44/2002).
Ne deriva che l’attività di fornitura di beni e servizi, per essere considerata connessa a quella agricola, non deve assumere, per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale. Inoltre, le attrezzature agricole devono essere impiegate in misura prevalente nell’attività agricola.
Il requisito della “prevalenza” non risulta integrato, invece, laddove un soggetto passivo svolga in via principale attività di ippoturismo e impieghi, nell’ambito di quest’ultima attività, attrezzature e risorse diverse da quelle impiegate per la coltivazione del fondo. Peraltro, la circostanza che il soggetto passivo nutra i cavalli con prodotti derivanti dalla coltivazione del fondo e mantenga gli animali all’interno di spazi comuni all’attività agricola non appare elemento sufficiente a integrare il requisito della connessione.
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