Il reinvestimento nell’ambito di un’operazione di MLBO configura un’ipotesi di abuso del diritto
Nell’ambito di un’operazione di MLBO (merger leveraged buy out) strutturata su più livelli di società veicolo, residenti in Italia e all’estero, finalizzata ad acquisire azioni di una società target quotata mediante acquisizione delle stesse sia dai precedenti soci di maggioranza sia sul mercato, il reinvestimento di parte della liquidità riveniente dalla predetta cessione da parte degli ex soci di maggioranza alla società veicolo acquirente, per il tramite delle altre società veicolo residenti in Italia, al fine di ridotarla delle risorse liquide per l’acquisizione delle rimanenti azioni sul mercato, configura un’ipotesi di abuso del diritto.
L’ha chiarito l’Agenzia col principio di diritto n. 1/2019.
L’operazione di reinvestimento da parte del socio è idonea a configurare un vantaggio fiscale indebito per la creazione artificiosa di base ACE in capo alla società veicolo. Infatti l’operazione, anche se realizza un incremento patrimoniale della società veicolo in termini di patrimonio netto, non determina l’immissione di nuove risorse finanziarie, violando la ratio ispiratrice della disciplina dell’ACE.
Per quanto riguarda il requisito della sostanza economica, secondo l’Agenzia il reinvestimento appare una mera operazione di natura circolare inidonea a produrre effetti significativi diversi dall’ottenimento di un indebito vantaggio fiscale, consistente nella costituzione artificiosa di base ACE. Ferma restando la genuinità dell’obiettivo economico perseguito, occorre sindacare in un’ottica antiabuso le “modalità” per raggiungerlo, essendo onere dell’Amministrazione finanziaria individuare modalità alternative più lineari sul piano economico e che avrebbero evitato l’insorgenza della base ACE artificiosa.
A essere oggetto di sindacato antiabuso è il flusso circolare di denaro relativo al reinvestimento: dalla società veicolo al socio reinvestitore e dal socio reinvestitore alla società veicolo.
A tal fine, il socio reinvestitore avrebbe potuto compensare il credito commerciale derivante dalla vendita delle azioni nella società target fino a concorrenza dell’ammontare da reinvestire nella società veicolo, ferme restando tutte le altre operazioni effettuate e la struttura organizzativa piramidale prescelta. Tali modalità alternative, oltre a risultare più lineari, non avrebbero alterato sostanzialmente l’assetto economico-negoziale che vedeva coinvolti più soggetti a svariato titolo (coinvestitori e banche), perché il denaro era già vincolato a favore delle banche a garanzia della buona riuscita dell’operazione di rastrellamento delle azioni sul mercato.
Sul requisito dell’essenzialità del vantaggio fiscale indebito, l’Agenzia non ravvisa alcun vantaggio economico addizionale diverso da quello fiscale legato alla creazione artificiosa di base ACE.
In assenza di ragioni extrafiscali non marginali addotte dal contribuente per strutturare il reinvestimento nel modo prescelto anziché nella citata modalità alternativa più lineare, l’operazione di reinvestimento va dunque considerata abusiva ex art. 10-bis della L. 212/2000.
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