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L’immobile inidoneo nello stesso Comune non impedisce il beneficio prima casa

/ REDAZIONE

Venerdì, 17 maggio 2019

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La revoca dell’agevolazione prima casa, per carenza della condizioni di cui alla lett. b) della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 (che impone all’acquirente di dichiarare in atto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare), non può avvenire se non dopo aver accertato che l’immobile preposseduto, sito nel medesimo Comune in cui si intende operare il nuovo acquisto e acquistato senza benefici, sia effettivamente idoneo, oggettivamente e soggettivamente a soddisfare le esigenze abitative del contribuente.
Lo afferma la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 13118, depositata ieri, con cui viene ribadito il principio già sancito dalle precedenti pronunce nn. 2565/2018, 19989/2018 e 100/2010.

Secondo questo orientamento, la lett. b) della Nota II-bis, ove pone la condizione dell’impossidenza di altri immobili nel medesimo Comune (non acquistati col beneficio), implica che:
- solo la titolarità di un immobile idoneo all’uso abitativo possa escludere la nuova applicazione dell’agevolazione;
- l’idoneità della casa di abitazione preposseduta va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità) che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative).

Il requisito dell’idoneità dell’immobile preposseduto – ribadisce per inciso la Corte – non opera, invece, con riferimento alla condizione di cui alla lett. c) della Nota II-bis, che concerne la non titolarità di diritti reali, compresa la nuda proprietà, su altri immobili già acquistati con i benefici prima casa.

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