Nell’omesso versamento di ritenute il numero delle mensilità non pagate incide sulla non punibilità
La Cassazione, nella ordinanza n. 24522/2019, ha precisato che il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali, di cui all’art. 2 comma 1-bis del DL 463/1983, rientra nell’ambito di quelli che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Di conseguenza, pur perfezionandosi l’illecito con il superamento della soglia di 10.000 euro annui indipendentemente dal numero delle mensilità inevase (essendo anche una sola mensilità ad integrare il delitto se di valore superiore a tale importo), non vi è dubbio che, allorquando più mensilità concorrano a determinare lo sbarramento prefissato dal legislatore, ci si trovi di fronte ad una pluralità di omissioni suscettibili di integrare il “comportamento abituale” ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.
È proprio, infatti, la struttura del delitto che, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità in questione, impone al giudice del merito di prendere in considerazione, in relazione alla sussistenza o meno del necessario requisito della non abitualità del comportamento, il numero delle mensilità nelle quali la condotta omissiva si è verificata, valutando la rilevanza della eventuale reiterazione della condotta tipica.
Nel caso di specie, quindi, è considerata corretta la valutazione dei giudici di merito che avevano reputato ostative al riconoscimento della causa di non punibilità il numero delle mensilità inevase, in aggiunta, in ogni caso, al loro importo complessivo, di gran lunga eccedente, anche senza tener conto di quelle prescritte, la soglia dei 10.000 euro fissata ex lege.
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