I tentennamenti dello Stato porteranno l’impresa a una completa sfiducia
Gentile Redazione,
personalmente da figlio di imprenditore (settore trasformazione latte e allevamento suini) avverto una vera e propria sofferenza nell’osservare i capannoni vuoti, i piazzali antistanti senza auto, le fabbriche chiuse; per me, fin da bambino, quando entravo nel cortile dell’azienda di famiglia, il momento più bello era vedere i camion di trasporto sulla “pesa” che successivamente si sarebbero riempiti di forme di grana padano o di capi di suini destinati al macello.
In quel via vai, da bambino piccolo, vedevo la giusta ricompensa del lavoro che partiva al mattino presto e finiva la sera tardi di mio papà, di suo fratello, dei miei nonni e degli operai che la domenica pomeriggio dovevano necessariamente a turno occuparsi della trasformazione del latte e che si tenevano compagnia (e la tenevano anche a noi bambini) sentendo le partite di calcio della trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Oggi lo Stato ci chiede di chiudere le fabbriche, le nostre aziende, le cattedrali del lavoro e al telegiornale – quotidianamente – ci fa sperare, annunciando come un’elemosina un’ipotetica data di riapertura che si sta allontanando di giorno in giorno.
La reazione dell’impresa, di fronte a questo tentennamento di chi non vuole prendersi alcuna responsabilità, sarà una e una soltanto, una completa sfiducia nei confronti dello Stato che si tradurrà in chiusure per chi può e in un si salvi chi può per chi non ha la possibilità di chiudere.
Negli anni 80 ci fu la marcia dei 40.000 per chiedere la riapertura delle fabbriche prese in ostaggio dai sindacati, oggi mi auguro ci sia una marcia silenziosa ma determinata di imprenditori, partite IVA e lavoratori autonomi per chiedere la possibilità di lavorare nonostante il sequestro dello Stato centrale.
Buona Pasqua nonostante tutto.
Vincenzo Quaglia
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Cuneo
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