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NASpI riconosciuta anche al lavoratore licenziato in violazione del divieto

/ REDAZIONE

Martedì, 2 giugno 2020

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Con il messaggio n. 2261 pubblicato ieri, l’INPS si pronuncia con riguardo alle domande di NASPI presentate dai lavoratori licenziati per motivi economici, nonostante il divieto disposto dall’art. 46 del DL 18/2020 (conv. L. 27/2020), come modificato e integrato dall’art. 80 del DL 34/2020 (c.d. “Rilancio”).

Nel dettaglio, giova ricordare che – per effetto delle modifiche introdotte dalla citata norma del DL 34/2020 – dal 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del DL 18/2020) al 16 agosto 2020, l’art. 46 preclude l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo (artt. 4, 5 e 24 della L. 223/1991), sospende quelle pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 e vieta, indipendentemente dal numero dei dipendenti, il recesso datoriale dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3 della L. 604/1966), sospendendone le relative procedure già in atto.
Il comma 1-bis dell’art. 46 in esame (introdotto dall’art. 80 del DL 34/2020) dispone inoltre che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intervenuto tra il 23 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 il datore di lavoro potrà revocare il recesso, ripristinando il rapporto, a condizione che contestualmente richieda il trattamento di cassa integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22 del DL 18/2020, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento.

Riepilogata la norma, l’INPS, in accordo con il Ministero del Lavoro, rende noto che le domande di accesso alla NASpI dei lavoratori licenziati con la causale per giustificato motivo oggettivo in violazione del divieto ex art. 46 potranno essere accolte, posto che in tale sede “non rileva [...] il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore”.

L’Istituto di previdenza si riserva in ogni caso di chiedere la restituzione di quanto erogato a titolo di indennità NASpI qualora il lavoratore medesimo dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro, sia a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale (di cui dovrà essere data comunicazione all’INPS), sia a seguito della revoca del recesso da parte del datore di lavoro ai sensi del citato art. 46, comma 1-bis.

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