Qualche riflessione sulla proposta di riforma dell’ordinamento professionale
Caro Direttore,
il Consiglio nazionale ha di recente approvato una proposta di modifica della nostra legge ordinamentale (DLgs. 139/2005). Si tratta di un argomento di grandissima importanza poiché definirà il perimetro entro cui la professione potrà operare e competere sul mercato nei prossimi anni e per questo oggetto di grande attenzione da parte di AIDC.
La proposta di modifica è molto articolata. In questa sede, vorrei soffermarmi su alcuni tratti salienti del testo di riforma proposto dal Consiglio nazionale, che hanno generato un dibattito interno alla categoria, nella speranza di poter offrire un contributo costruttivo alla discussione: oggetto della professione; specializzazioni; incompatibilità; giovani; regole elettorali.
Sull’oggetto della professione (articolo rubricato 1-bis nella proposta di modifica), i temi ricorrenti nel dibattito di categoria sono due: la necessità di affermare l’identità della professione e la mancanza di esclusive. Cogliamo in questa proposta il tentativo di fare un passo in entrambe le direzioni. L’art. 1-bis, dopo un’opportuna affermazione circa le materie di “competenza specifica” del Dottore Commercialista, individua un lungo e analitico elenco di attività specifiche per gli iscritti nelle sezioni A e B dell’Albo. Altro elemento significativo è, a nostro avviso, l’introduzione della locuzione “attività riservate” in diversi passaggi del testo, che sembra un primo passo importante nell’auspicata e anelata direzione del riconoscimento di talune esclusive per la nostra professione.
Si coglie, in tale proposta di formulazione, la volontà di definire analiticamente un confine esteso del perimetro delle nostre attività professionali e di affermare esplicitamente la competenza della nostra categoria su una ampia e articolata serie di tematiche tecniche, troppo spesso oggi non immediatamente correlate a nostri ambiti di intervento (si pensi al proliferare di elenchi professionali cui abbiamo recentemente assistito). Certo dal punto di vista formale il testo pecca in fluidità e alcuni aspetti possono essere migliorati nella formulazione anche linguistica (sicuramente migliorabile durante l’iter parlamentare), ma in definitiva si condivide l’obiettivo sostanziale e la ratio di tale impostazione.
Se l’art. 1-bis tratteggia il perimetro logico e analiticamente definisce l’oggetto della professione, riconoscendo e valorizzando l’ampio spettro di competenze che, da sempre, costituisce la forza distintiva della nostra categoria, l’art. 39-bis introduce la possibilità per l’iscritto di conseguire anche il titolo di “specialista”.
È un tema ormai ricorrente e presente da qualche anno nel dibattito di categoria, rispetto al quale, come AIDC, abbiamo sempre avuto un atteggiamento favorevole. Ci pare, infatti, che si tratti di una risposta necessaria alle istanze di un mercato che cambia molto velocemente; del resto rimarrà per ciascuno di noi sempre la possibilità di scegliere se interpretare la professione con una prospettiva più trasversale valorizzando la competenza multidisciplinare o di voler, piuttosto, conseguire anche una specializzazione su uno specifico ambito professionale, vedersela riconosciuta e poterla spendere sul mercato. Una modalità non è migliore dell’altra, sono due interpretazioni possibili della stessa grande professione.
La modalità di conseguimento della “specializzazione” e la declinazione effettiva è rimandata all’emanazione di un successivo regolamento, cui si fa ampio rinvio nella proposta di modifica avanzata dal Consiglio nazionale. È evidente che il giudizio definitivo su questo tema potrà essere espresso una volta noto anche il regolamento. Sarà responsabilità di tutti noi far sì che, nell’applicazione concreta, si salvaguardi l’obiettivo di costruire un’effettiva opportunità per la categoria, attraverso un percorso rigoroso di ricerca e valorizzazione della competenza specialistica, piuttosto che perdere l’occasione e farla diventare una ulteriore restrizione a discapito degli iscritti di fatto a vantaggio di soggetti concorrenti non iscritti al nostro Albo o, peggio ancora , una attribuzione di specialità a pioggia, circostanze queste ultime che renderebbero inutile, anzi dannoso, lo sforzo compiuto.
Infine, è altresì evidente che questa novità normativa potrà dirsi di successo solo se associabile in prospettiva al riconoscimento giuridico di esclusive per lo specialista.
Quello dell’incompatibilità è un tema su cui auspichiamo, invece, più coraggio. Se, da una parte, per soddisfare esigenze di modernità, riteniamo condivisibile l’esigenza del superamento dei presupposti originari della norma (la fallibilità del professionista come cardine del regime di incompatibilità e quindi la previsione di incompatibilità con ogni attività imprenditoriale), dall’altra parte, oggi più che mai, ci pare necessario ogni sforzo per preservare e valorizzare l’identità della professione.
Siamo quindi concordi nel superare l’attuale divieto di svolgere un’attività imprenditoriale in maniera anche più ampia di quanto fatto nel testo proposto purché attenga solo ad attività svolte in altri e diversi ambiti rispetto alla professione di dottore commercialista. Al contempo, riteniamo debba ritenersi assolutamente incompatibile con la professione di dottore commercialista lo svolgimento di ogni attività economico-imprenditoriale che abbia a oggetto una delle materie che formano oggetto della professione e rappresentate nell’art. 1-bis salvo che non sia svolta in una delle forme previste dall’ordinamento professionale (individuale, associata o STP). Insomma, in altre parole, se si vuole esercitare la professione di dottore commercialista lo si deve fare nelle modalità prescritte dall’ordinamento e questo nell’interesse stesso della difesa della professione e della tutela delle Casse di Previdenza.
La nostra professione ha bisogno dei giovani: è il tema principale che tutti noi sentiamo di dover affrontare prioritariamente per garantire un futuro alla categoria. Dobbiamo tornare a essere attraenti per le future generazioni di commercialisti e, per far questo, dobbiamo aver il coraggio di lasciar spazio alle loro idee.
La proposta di riforma introduce, a questo fine, la presenza nelle liste elettorali di giovani under 45 e siamo assolutamente favorevoli al principio introdotto anche se, a onor del vero, saremmo andati oltre, prevedendo anche soglie generazionali che impediscano un eccessivo numero di consiglieri “OVER”: non più di “x” consiglieri con età superiore a “Y” anni.
Vorrei introdurre il tema delle regole elettorali con una battuta: mi piacerebbe discutere per una volta di una riforma che non contempli anche tali regole. È inevitabile che questo tema finisca sempre per catalizzare le attenzioni di tutti, a discapito di altri aspetti di certo più rilevanti per il futuro della professione.
La scelta del Consiglio nazionale è ricaduta su un “sistema misto”, basato in parte sul suffragio universale e in parte sul voto espresso dagli ordini territoriali: non nascondiamo le nostre perplessità sul punto. Troviamo più appropriato e coerente con le finalità e la natura di ente pubblico del Consiglio nazionale il meccanismo di voto attuale, che prevede una elezione di “secondo livello” per il Consiglio. Apprezzabile, invece, l’idea di far votare i singoli consiglieri in luogo del singolo Ordine.
Non condividiamo, poi, l’estensione a 5 anni della durata dei mandati consiliari (nazionali e locali). Ci piacerebbe inoltre venisse introdotto un momento di discussione e approvazione formale del bilancio consuntivo dell’ente.
Mi permetto di aggiungere che troppo spesso (anche in altri ambiti) abbiamo visto concentrare gli sforzi sulle regole del gioco cercando in essa correttivi alle difficoltà della categoria e dedicare, invece, poca attenzione alla qualità degli interpreti: da questo punto di vista dobbiamo tutti compiere ogni sforzo per stimolare l’attenzione, la partecipazione, l’impegno nella vita di categoria del maggior numero di colleghi premiando e valorizzando le idee e i contenuti migliori per il futuro della professione.
Il testo della proposta di riforma contiene molti altri spunti di approfondimento e offre occasione per diverse ulteriori considerazioni che metteremo, come sempre, a disposizione del dibattito pubblico, nell’auspicio di offrire un contributo per il bene della categoria.
Edoardo Ginevra
Presidente AIDC