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Venerdì, 2 maggio 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Splafonamento sanzionato al 25% anche se l’eccedenza non esiste

/ Alfio CISSELLO

Venerdì, 2 maggio 2025

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Da sempre, è pacifico che il credito di imposta utilizzato in misura superiore a quella di legge dà luogo a un credito non spettante, sanzionato nella misura del 25% ai sensi dell’art. 13 comma 4-bis del DLgs. 471/97.

Il caso classico è la violazione dell’art. 34 della L. 388/2000, che prevede un limite massimo di 2 milioni di euro in relazione all’ammontare, cumulativo, dei crediti d’imposta e contributivi che, per ciascun anno solare (c.d. plafond), possono essere utilizzati in compensazione nel modello F24.
Se per errore un credito, esistente e documentato, viene compensato per 2 milioni e 100.000 euro, su 100.000 euro spetta la sanzione del 25% (circ. Agenzia delle Entrate 13 marzo 2009 n. 8).

Non paiono esserci chiarimenti di prassi e della giurisprudenza quando lo splafonamento riguarda una quota di credito non documentata.
In altre parole, senza che ci siano frodi o intenti evasivi, per mero errore il contribuente, che ha un credito da quadro RU ad esempio per 100.000 euro, lo compensa per 120.000 euro.
Astrattamente, si può trattare sia di credito inesistente che di credito non spettante.

Per quanto riguarda la nozione di “inesistenza” e di “non spettanza” l’art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97 rinvia alle definizioni penalistiche, ovvero all’art. 1 comma 1 del DLgs. 74/2000, che:
- alla lett. g-quater), definisce “inesistenti” “i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento”;
- alla lett. g-quinquies), definisce “non spettanti” “i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento”.

Pur rilevando l’incertezza del tema, la nostra casistica sembra rientrare più nella categoria della non spettanza (con sanzione del 25% ex art. 13 comma 4-bis del DLgs. 471/97), trattandosi pur sempre di credito utilizzato in misura superiore alla consentita.
Se, sulla base dell’istruttoria compiuta dagli uffici, emerge una condotta dolosa, la sanzione può essere aumentata fino alla metà applicando l’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97 (se si qualifica il credito come non spettante, non pare possibile applicare l’aumento dell’art. 13 comma 5-bis del DLgs. 471/97, circoscritto ai crediti inesistenti).

Di contro, se si inquadra il credito come inesistente (con sanzione del 70% ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97) e non emerge una condotta dolosa, in via speculare gli uffici possono valutare la riduzione della sanzione sino a ¼ del minimo sempre ai sensi dell’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97.

Le sanzioni possono essere aumentate

Se la violazione emergesse da liquidazione automatica della dichiarazione, verrebbe probabilmente contestata con avviso bonario e sanzione del 25% ai sensi dell’art. 13 comma 2 del DLgs. 471/97.
Rammentiamo che, per le violazioni commesse dallo scorso settembre 2024, è venuta meno la prescrizione secondo cui ogni credito “suscettibile” di emergere a seguito del controllo automatico è ritenuto non spettante e mai inesistente.
Ciò, tuttavia, non toglie che se, in concreto, si attiva la liquidazione automatica, spetti la sanzione del 25% essendo ciò previsto, in via generale, per tutte le fattispecie che vi rientrano dall’art. 13 comma 2 del DLgs. 471/97.

Tra le relative casistiche vi è proprio la riduzione dei “crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione” (art. 36-bis comma 1 lett. e) del DPR 600/73 per le imposte sui redditi).

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