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Mercoledì, 18 giugno 2025 - Aggiornato alle 6.00

LAVORO & PREVIDENZA

Possibile disdettare l’uso aziendale di non assorbibilità del superminimo

La possibilità va esercitata in conformità al principio di correttezza e buona fede e in coerenza con le caratteristiche di fonte sociale dell’uso aziendale

/ Giada GIANOLA

Mercoledì, 18 giugno 2025

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Per revocare l’uso aziendale di non assorbibilità del superminimo individuale non basta un comportamento di segno contrario tenuto unilateralmente dal datore di lavoro. È quanto emerge dall’ordinanza n. 16166/2025, secondo cui la disdetta dell’uso aziendale è possibile, ma deve essere giustificata nonché formalizzata con una dichiarazione del datore di lavoro diretta alla collettività dei lavoratori in cui vengano esplicitate le ragioni poste a fondamento della disdetta stessa.

Per comprendere la motivazione resa con la decisione in commento è bene ricordare che il superminimo, quale voce retributiva riconosciuta in eccedenza rispetto ai minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva, qualora trovi la propria fonte nel contratto individuale è normalmente soggetto al principio dell’assorbimento, rimanendo quindi assorbito da successivi aumenti della retribuzione previsti dalla contrattazione collettiva. Ciò non si verifica nel caso in cui sia diversamente disposto dal contratto collettivo o dalle parti o le parti stesse attribuiscano al superminimo natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti del lavoratore o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e risulti, quindi, sorretto da un autonomo titolo che ne autorizzi il mantenimento escludendone l’assorbimento, con onere del lavoratore di provare la sussistenza di tale titolo.

Nella pronuncia in commento si evidenzia che l’assorbibilità può, inoltre, venire meno attraverso un uso aziendale di segno opposto, quindi con la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti che si traduce in un trattamento economico o normativo di maggior favore.

Nel caso di specie, in particolare, il datore di lavoro aveva costantemente tenuto – in modo reiterato e generalizzato – un comportamento favorevole nei confronti dei dipendenti consistito nel mancato assorbimento del superminimo individuale in occasione di plurimi rinnovi contrattuali. Tuttavia, a seguito di una diversa modulazione del trattamento economico stabilito in sede collettiva, parte datoriale aveva deciso di sottrarsi all’obbligo scaturente dall’uso aziendale della non assorbibilità del superminimo, ripristinando in via unilaterale la facoltà di avvalersi del principio della normale assorbibilità.

I giudici di secondo grado avevano ritenuto tale decisione legittima, statuendo in particolare che l’uso aziendale era stato revocato dal comportamento della società – che, per effetto di un aumento contrattuale del 2018, aveva unilateralmente deciso di provvedere all’assorbimento dei superminimi che fino a quel momento non erano mai stati assorbiti – potendo tale revoca avere luogo anche in assenza di specifica previsione o di un espresso recesso.

La Cassazione è tuttavia di diverso avviso: con l’ordinanza in commento ha infatti rilevato che la disdetta dell’uso aziendale deve essere sia giustificata sia formalizzata.

La Suprema Corte ha evidenziato come l’uso aziendale abbia la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale, trattandosi di uno strumento destinato a operare quale fonte eteronoma di regolazione del rapporto di lavoro. Allo stesso è quindi corretto riconoscere la natura di fonte sociale.

Alla luce di ciò i giudici di legittimità hanno quindi affermato che un uso aziendale di non assorbibilità del superminimo non può vincolare a tempo indeterminato il datore di lavoro, il quale, in virtù del principio generale secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, può disdettarlo. Tuttavia, si precisa, la possibilità di disdetta dell’uso aziendale, al fine di evitare che diventi arbitraria, deve essere esercitata nel rispetto del principio di correttezza e buona fede, nonché in coerenza con le caratteristiche di fonte sociale dell’uso aziendale. Pertanto, per essere valida, deve da un lato essere giustificata – quindi fondata su un sopravvenuto sostanziale mutamento di circostanze, come una rimodulazione del trattamento economico dei dipendenti per effetto di un successivo contratto collettivo – e dall’altro essere oggetto di formalizzazione mediante una dichiarazione datoriale alla collettività dei lavoratori che espliciti le ragioni alla base della disdetta medesima.

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