Per la sicurezza sul lavoro, non può esserci nessun esonero di responsabilità nell’area di rischio
Nella sentenza n. 22843/2025, la Cassazione torna sul tema della rilevanza del comportamento del lavoratore in caso di infortunio.
I giudici di legittimità evidenziano come, in questa materia, si sia passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a uno “collaborativo”, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori.
In tal senso viene valorizzato il testo normativo all’art. 20 del DLgs. 81/2008, che impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia.
Si è quindi passati dal principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al concetto di “area di rischio” che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.
La pronuncia in commento vuole dunque ribadire il principio per il quale non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore.
All’interno dell’area di rischio considerata, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea a escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, solo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Cass. n. 15124/2017), oppure quando sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, o ancora quando si sia tradotta in qualcosa che sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Cass. n. 7188/2018).
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