Negli appalti di logistica ampi i poteri di ingerenza del committente
Secondo la Cassazione possibile individuare zone di consegna e fornire strumenti per la qualità e la verifica del servizio
Nell’ambito di un appalto per il servizio di logistica, la delimitazione delle diverse zone in cui effettuare le consegne nonché la fornitura di apparecchiature quali smartphone e palmari, da parte del committente, non costituiscono motivi di illiceità.
Lo ha ribadito la Cassazione che, con la pronuncia n. 16153/2025, ha fornito spunti interessanti nell’esame di un contratto di appalto in un settore delicato come quello della logistica.
In tale ambito, complice anche l’impennata del commercio on line, il sistema delle esternalizzazioni a cooperative di trasporto o a singoli lavoratori autonomi, denominati “padroncini”, risulta particolarmente diffuso e a volte costituisce un vulnus per i diritti dei lavoratori impiegati. Diventa, quindi, essenziale capire quali sono gli elementi che caratterizzano un appalto e quali lo possono rendere illecito.
In linea generale, l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro (art. 1655 c.c.). Secondo l’art. 29 del DLgs. 276/2003 e come più volte confermato dalla giurisprudenza (cfr. ex multis Cass. 26 giugno 2023 n. 17627), sono elementi di liceità di un appalto, utili a distinguerlo da una illecita somministrazione di manodopera, l’organizzazione autonoma del rischio di impresa da parte dell’appaltatore e l’esercizio del potere direttivo e organizzativo dei lavoratori utilizzati nel contesto dell’appalto.
Nel tempo, proprio attraverso copiose pronunce giurisprudenziali, sono stati enucleati sempre più specifici profili, che costituiscono una guida nella valutazione di legittimità di un appalto. Nel dettaglio, la verifica viene svolta considerando: l’organizzazione di mezzi di tipo imprenditoriale; l’esercizio del potere direttivo; l’impiego di capitali, macchine e attrezzature del committente; le prestazioni lavorative oggetto di appalto e il rischio di impresa.
Alcuni di questi elementi vengono ripresi dalla pronuncia in commento, che sottolinea che, sebbene l’appaltatore, in relazione alle peculiarità dell’opera o del servizio, possa limitarsi a mettere a disposizione dell’utilizzatore la propria professionalità, intesa come capacità organizzativa e direttiva delle maestranze, a prescindere dalla proprietà di macchine e attrezzature, tuttavia lo stesso, ai fini della configurabilità dell’appalto lecito, non può risultare assente nelle fasi di organizzazione del processo produttivo con impiego di manodopera propria, esercitando nei confronti dei lavoratori un potere direttivo in senso effettivo e non meramente formale.
Muovendo da tali punti fermi, in modo pressoché costante, la Suprema Corte ha ripetutamente sostenuto la configurabilità di un’intermediazione illecita ogni qual volta l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo eventualmente in capo al medesimo, quale datore di lavoro, i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), senza però una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
Nel caso di specie, tuttavia, la Cassazione affronta un aspetto interessante, perché riferito al potere del committente di valutare la bontà della prestazione svolta dall’appaltatore a garanzia della qualità dell’opera o del servizio affidatogli. Ciò anche al fine di poter corrispondere allo stesso appaltatore il compenso pattuito nel capitolato. In passato la Corte (cfr. Cass. n. 7170/2019) ha chiarito come non sia sufficiente, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, la circostanza per cui il personale del committente impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore, essendo necessario verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al risultato di tali prestazioni, che può formare oggetto di genuino contratto di appalto.
In linea con quanto appena affermato, la Cassazione, nella sentenza in commento, ritiene che la delimitazione delle diverse zone in cui effettuare le consegne rappresenti unicamente una determinazione di ordine generale, volta cioè a individuare talune caratteristiche necessarie del servizio, non a regolare immediatamente la prestazione dei singoli autisti.
Allo stesso modo, la fornitura a questi ultimi di apparecchiature quali smartphone e palmari, riferibili alla committente, ha il solo scopo di assicurare un più efficiente svolgimento del servizio e verificarne la corretta esecuzione. Condotte, queste, tutte compatibili, secondo la Corte, con i poteri di un committente di servizi di logistica.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41