Bancarotta semplice per l’amministratore che prosegue l’attività per salvare i lavoratori
La Cassazione, nella sentenza n. 29457/2025, ha precisato che l’amministratore il quale, pur essendo consapevole della grave situazione debitoria della società, priva di reali prospettive, scelga di preservarne e garantirne lo stato occupazionale proseguendo l’attività, integra la fattispecie di bancarotta semplice per operazioni di grave imprudenza tese a ritardare il fallimento, ex art. 217 comma 1 n. 3 del RD 267/42, e non quella di bancarotta fraudolenta.
Le operazioni di “grave” imprudenza, infatti, sono quelle caratterizzate da alto grado di rischio, prive di serie e ragionevoli prospettive di successo economico e che, avuto riguardo alla complessiva situazione dell’impresa, oramai votata al dissesto, hanno il solo scopo di ritardare il fallimento.
Si tratta di operazioni che si pongono oltre la “ordinaria” imprudenza; ossia quell’imprudenza connotata da scelte “coraggiose”, da extrema ratio, ma comunque ragionevolmente dotate di probabilità di successo rispetto al fine di scongiurare il fallimento.
Ciò che distingue la fattispecie semplice da quella fraudolenta, quindi, è la “direzione” dell’interesse dell’agente.
Solo nella bancarotta semplice, infatti, l’agente pone in essere operazioni imprudenti ma pur sempre nell’interesse dell’impresa. Nella bancarotta fraudolenta, invece, l’agente agisce dolosamente perseguendo un interesse proprio o di terzi estranei all’impresa e, quindi, con la coscienza e volontà di porre in essere atti incompatibili con la salvaguardia del patrimonio aziendale e in contrasto con l’interesse dei creditori alla conservazione delle garanzie patrimoniali.
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