Indennità di disoccupazione non ripetibile con termine nullo e rapporto trasformato
La soluzione interpretativa fornita dalle Sezioni Unite si basa sulla autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto lavorativo
Con la sentenza n. 23876 depositata ieri, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito alcuni punti in relazione alla questione della ripetibilità dell’indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore in caso di declaratoria di nullità del termine apposto al contratto e conseguente trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.
Nel caso di specie, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che l’indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore non fosse ripetibile dall’INPS in quanto nel periodo intercorrente tra la cessazione dell’ultimo rapporto a termine e la riammissione in servizio lo stesso non aveva percepito la retribuzione, né il datore di lavoro aveva versato i contributi. La Corte d’Appello aveva inoltre rilevato come l’indennità risarcitoria riconosciuta in favore del lavoratore costituiva il risarcimento forfetizzato del danno conseguente all’accertata illegittimità del termine.
Alla vicenda in esame risultava applicabile la normativa previgente; i principi affermati dalle Sezioni Unite sono tuttavia valevoli anche per l’attuale disciplina della materia, e sono pertanto meritevoli di essere evidenziati.
In particolare, la Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto di sollecitare l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite sulla ripetibilità nell’indicata ipotesi dell’indennità di disoccupazione, evidenziando, con l’ordinanza di rimessione n. 22985/2024, che a un primo orientamento favorevole alla relativa restituzione in favore dell’Istituto previdenziale in caso di conversione del rapporto se ne contrappone un altro secondo il quale lo stato di disoccupazione involontaria non viene meno nel periodo che va dalla scadenza del contratto fino alla effettiva ripresa del rapporto.
Le Sezioni Unite con la decisione in esame hanno in primo luogo ricordato che l’indicata indennità trova fondamento nello stato di bisogno del lavoratore determinato dalla perdita involontaria dell’occupazione e, quindi, della retribuzione, e che tale condizione di bisogno non viene meno per effetto della decisione giudiziale che accerta la nullità del termine apposto al contratto.
È stato così affermato che la condizione oggetto di protezione – vale a dire, lo stato di disoccupazione involontaria – viene meno solo con l’effettivo ripristino del rapporto di lavoro, mentre, per contro, durante il periodo intercorrente tra la scadenza del termine nullo e la sentenza dichiarativa di tale nullità con efficacia ex tunc, non essendoci stata prestazione lavorativa e quindi nemmeno il pagamento della retribuzione in virtù della sinallagmaticità del vincolo contrattuale, tale stato di bisogno persiste e giustifica la percezione dell’indennità da parte dell’INPS.
Rispetto al fine di rimediare allo stato di bisogno risulta, del resto, inidonea l’indennità risarcitoria onnicomprensiva spettante al lavoratore in caso di trasformazione del rapporto, che è attualmente regolata dall’art. 28 comma 2 del DLgs. 81/2015 mentre in precedenza era disciplinata dall’art. 32 comma 5 della L. 183/2010 (poi abrogato dall’art. 55 di tale DLgs.).
Si evidenzia che di tale norma è stata fornita, in applicazione dell’art. 1 comma 13 della L. 92/2012, l’interpretazione autentica, secondo cui l’indennità ivi prevista “ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”, come del resto attualmente disposto dall’art. 28 comma 2 del DLgs. 81/2015.
Le Sezioni Unite, in relazione a tale indennità, hanno chiarito che la stessa non è idonea a porre rimedio alla situazione di bisogno conseguente alla perdita della retribuzione, in quanto attiene al piano del rapporto di lavoro, a differenza dell’indennità di disoccupazione, che invece attiene al rapporto previdenziale, il quale è autonomo rispetto al primo. Sul punto si evidenzia quindi che le vicende che interessano il rapporto di lavoro non possono avere un effetto automatico sul rapporto previdenziale tra lavoratore assicurato e INPS in cui si colloca l’erogazione della prestazione previdenziale, dato che da tale autonomo rapporto previdenziale esula ogni eventuale valutazione circa la fondatezza della domanda giudiziale volta a ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto.
Si segnala infine che ad analoga soluzione sono pervenute, le stesse Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 23476/2025, affermando che ai fini dell’erogazione dell’indennità di disoccupazione, come la NASpI, occorre considerare la situazione de facto piuttosto che la situazione de iure, ciò in quanto il datore di lavoro ben potrebbe non ottemperare all’ordine giudiziale.
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