Fissati i confini tra credito inesistente e non spettante
Il MEF ha chiarito i criteri distintivi per sanzioni e reati tributari, con la certificazione preventiva a tutela del contribuente
Con l’atto di indirizzo emanato il 1° luglio 2025 il Ministero dell’Economia e delle finanze ha compiuto un decisivo intervento interpretativo sulla disciplina dei crediti d’imposta.
Il documento chiarisce i confini tra credito “inesistente” e credito “non spettante”, recependo e sviluppando quanto introdotto dal DLgs. 87/2024.
In sintesi, il credito è inesistente quando manca dei requisiti sostanziali previsti dalla legge o è frutto di condotte fraudolente; è invece non spettante il credito che, pur formalmente esistente, viene utilizzato in violazione delle condizioni o dei limiti imposti dalla normativa.
L’atto del MEF sottolinea che la distinzione non può essere basata su criteri extra legem: manuali tecnici o linee guida non recepiti dalla legge non sono idonei a fondare una contestazione di inesistenza.
Questa presa di posizione incide soprattutto sui crediti per ricerca e sviluppo degli anni 2015-2019, spesso qualificati come inesistenti per carenza di requisiti di innovatività; secondo il Ministero, in assenza di frode tali difetti possono semmai rendere il credito non spettante, con un regime sanzionatorio e prescrizionale più mite.
La stessa linea è stata seguita dal TAR Lazio, che con la sentenza del 29 luglio 2025 ha annullato il diniego di certificazione per un credito R&S fondato sul Manuale di Frascati, confermando che le fonti tecniche prive di richiamo normativo non hanno efficacia retroattiva.
Sul versante penal-tributario, le ricadute sono rilevanti.
L’art. 10-quater DLgs. 74/2000, come modificato dalla riforma del 2024, distingue l’utilizzo indebito di crediti inesistenti, punito con la reclusione fino a sei anni, da quello di crediti non spettanti, punito più lievemente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19868 del 2025, ha riconosciuto che le nuove definizioni hanno natura interpretativa e possono applicarsi retroattivamente, in favore del contribuente: in assenza di frode, un disconoscimento fondato su valutazioni tecniche non integra il reato di compensazione di crediti inesistenti.
La riforma, inoltre, introduce una causa di non punibilità per i crediti non spettanti quando sussiste un’incertezza oggettiva sui requisiti tecnici richiesti.
Infine, un elemento chiave dell’impianto normativo e dell’atto ministeriale è la certificazione preventiva.
Introdotta dall’art. 23 del DL 73/2022 e disciplinata dal DLgs. 87/2024, la certificazione consente all’impresa di attestare, tramite un ente accreditato, la sussistenza delle condizioni per il credito.
Il MEF ribadisce che, se ottenuta prima delle verifiche, la certificazione vincola l’Amministrazione finanziaria sui profili tecnici e costituisce un presidio probatorio a favore del contribuente: non sarà legittimo riqualificare come inesistente un credito certificato, salvo che emergano elementi fraudolenti.
In conclusione, l’atto di indirizzo del 1° luglio 2025, assieme alla riforma del 2024, segna un punto di svolta: delimita chiaramente il perimetro del credito inesistente, rafforza la tutela per i crediti non spettanti e valorizza la certificazione preventiva come strumento di compliance.
La distinzione tra inesistenza e non spettanza non è più un dato interpretativo incerto, ma un criterio operativo che consente di prevenire contenziosi e di circoscrivere la responsabilità penale, assicurando una maggiore certezza del diritto per imprese e professionisti.
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