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Sovraindebitato non legittimato a impugnare lo stato passivo

Il liquidatore è rappresentante della massa dei creditori

/ Antonio NICOTRA

Lunedì, 10 novembre 2025

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La Cassazione, con l’ordinanza n. 11447/2025, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale, in tema di liquidazione del patrimonio, non sussiste la legittimazione del sovraindebitato a impugnare il decreto di formazione dello stato passivo, attesa la posizione del liquidatore quale rappresentante della massa dei creditori, che esercita le prerogative proprie dei creditori, e non avente causa del debitore.

La giurisprudenza ha escluso, in tema di fallimento, la legittimazione del fallito a impugnare i provvedimenti del giudice in sede di formazione dello stato passivo, in quanto privi di definitività e con efficacia endoconcorsuale, anche ex art. 43 del RD 267/42.
Tale impostazione è corroborata dall’art. 98 del RD 267/42, a tenore del quale il decreto con cui il giudice rende esecutivo lo stato passivo non è suscettibile di denuncia con rimedi diversi dalle impugnazioni tipiche, esperibili soltanto dai soggetti legittimati, tra i quali non figura il fallito (Cass. n. 29156/2024).

Questi principi operano in tema di liquidazione del patrimonio, in ragione dell’assenza di una norma non espressa, dovendosi ritenere che il liquidatore si sostituisce al debitore nei suoi rapporti patrimoniali e che, in sede di formazione dello stato passivo, non vi è alcuna legittimazione del debitore a impugnare.
Depone in tal senso, in primo luogo, l’equiparazione del decreto di apertura della liquidazione con quello di fallimento (art. 14-quinquies comma 3 della L. 3/2012), da cui discende l’improcedibilità delle azioni cautelari ed esecutive e l’inopponibilità dell’acquisto di diritti di prelazione per crediti anteriori (art. 14-quinquies comma 2 lett. b) della L. 3/2012).
Le disposizioni richiamate dall’art. 14-quinquies comma 3 della L. 3/2012 definiscono il ruolo del liquidatore nella gestione (prima che nella liquidazione) del patrimonio di liquidazione, di cui il liquidatore ha l’amministrazione (art. 14-novies comma 2 della L. 3/2012), equiparando la gestione dei beni compresi nel patrimonio di liquidazione alla gestione dei beni compresi nel fallimento (art. 31 del RD 267/42).

L’art. 14-decies comma 2 della L. 3/2012 precisa che il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile. Il liquidatore, non diversamente dal curatore del fallimento (art. 66 del RD 267/42), subentra nell’azione revocatoria ordinaria o esercita prerogative proprie dei creditori del sovraindebitato.

Siffatto ruolo che il liquidatore assume nella gestione (e nella liquidazione) dell’attivo, ovvero nell’esercizio di azioni proprie dei creditori volte a soddisfarsi su beni di terzi in forme analoghe a quanto prevede l’art. 602 c.p.c., deve essere rivestito anche in sede di formazione dello stato passivo della procedura di liquidazione del patrimonio, diretta a collocare nel piano di riparto i diritti dei creditori sul ricavato della liquidazione (come nel fallimento).
Assumendo il liquidatore il ruolo di rappresentante della massa all’interno dello stato passivo, tale organo non può ritenersi successore o avente causa del debitore.

Nel silenzio dello statuto del liquidatore – ove non vi è menzione della previsione di cui all’art. 43 del RD 267/42 che prevede la sostituzione processuale del curatore – né di quella ex art. 98 del RD 267/42 (che individua i legittimati all’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo, atteso il rinvio recettizio contenuto nell’art. 14-octies della L. 3/2012 all’art. 10 comma 6 della L. 3/2012), tra i legittimati a impugnare i provvedimenti di esecutività dello stato passivo non può essere ricompreso il debitore, il quale non può sostituirsi, né può esercitare prerogative proprie dei creditori, non diversamente da quanto avviene per il fallimento (Cass. n. 29156/2024).

Secondo la giurisprudenza, la legittimazione a resistere al reclamo di cui al procedimento ex artt. 14-octies, 10 comma 6 della L. 3/2012 e 737 c.p.c., di indubbia natura contenziosa, spetta al liquidatore quale portatore degli interessi della massa dei creditori in quanto la procedura di liquidazione ricalca, nelle sue linee essenziali, quella fallimentare: entrambe le procedure hanno, infatti, natura concorsuale investendo l’intero patrimonio pignorabile del debitore insolvente o sovraindebitato determinandone lo spossessamento con amministrazione affidata al soggetto (curatore o liquidatore) al quale è demandata la liquidazione del patrimonio finalizzata al soddisfacimento dei creditori concorsuali o coloro che “partecipano alla liquidazione” (Cass. n. 10243/2025).

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