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Legittima l’eccezione di revocatoria del liquidatore del sovraindebitato

Ha il potere di esercitare, su autorizzazione del giudice, le azioni per dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori

/ Antonio NICOTRA

Martedì, 13 maggio 2025

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La Cassazione, con ordinanza n. 12395 del 10 maggio 2025, ha enunciato il principio secondo il quale, in tema di liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, di cui agli artt. 14-ter e ss. della L. 3/2012, e nell’ambito del sub-procedimento di formazione del passivo ex art. 14-octies, il liquidatore può sollevare in via incidentale l’eccezione di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., in applicazione del principio generale “temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum”, posto che, ai sensi dell’art. 14-decies comma 2 della L. 3/2012 – introdotto dal DL 137/2020, conv. L. 176/2020, applicabile anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore – il liquidatore ha il potere di esercitare o proseguire, su autorizzazione del giudice, le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.

Ricordano, al riguardo, i giudici come la procedura di liquidazione di cui agli artt. 14-ter ss. della L. 3/2012 ha natura concorsuale, come si evince, in primis, dal contenuto e dagli effetti del decreto di apertura ex art. 14-quinquies della L. 3/2012, che, ex comma 3, è equiparato al pignoramento.

La legge contempla il deposito di domande di partecipazione al passivo (art. 14-septies) e un apposito procedimento, ove il liquidatore predispone un progetto di stato passivo e, in assenza di osservazioni dei creditori, lo approva – ovvero, recependole, lo modifica – mentre, in caso di contestazioni non superabili, rimette al giudice la definitiva formazione del passivo (art. 14-octies).

Il liquidatore ha, in particolare, il potere di esercitare o proseguire, su autorizzazione del giudice, ogni azione per recuperare beni e crediti del sovraindebitato, nonché le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo il codice civile, ai sensi dell’art. 14-decies, modificato dal DL 137/2020 conv. L. 176/2020.

La legittimazione del liquidatore a far valere in via di eccezione ciò che originariamente può far valere in via di azione è frutto, secondo i giudici, più che dell’applicazione analogica dell’art. 95 comma 1 ultimo periodo del RD 267/42, del principio generale per cui ciò che si può far valere in via di azione si può far valere, a maggior ragione, in via di eccezione, anche se l’azione si sia prescritta (cfr. Cass. n. 20/2025).

Guardando al caso di specie, i giudici ricordano come l’ammissione del credito su mutuo al chirografo non osta alla revocatoria dell’operazione del negozio indiretto volto, per un verso, ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e, per altro verso, a costituire una garanzia per il debito preesistente (Cass. nn. 20/2025, 4694/2021 e 3955/2016).

Nelle fattispecie di c.d. eterovestizione fondiaria (mutuo ipotecario stipulato a copertura di una pregressa esposizione debitoria chirografaria), il credito viene ammesso al chirografo, attesa l’effettiva erogazione della somma e la revocabilità dell’ipoteca, la cui costituzione assume (salvo risulti il contrario, con la previsione di un corrispettivo a carico del creditore) la natura di atto a titolo gratuito, come accade quando il contratto di mutuo, con la concessione d’ipoteca sui beni, non risulti in realtà destinato a procurare a quest’ultimo l’effettiva disponibilità delle somme, essendo destinata a costituire un diritto di prelazione a garanzia del pagamento di un preesistente debito, non assistita da garanzia reale, che gravava sullo stesso nei confronti del mutuante (Cass. n. 20/2025).

Tale operazione non integra necessariamente né la fattispecie della simulazione del mutuo (volta a dissimulare la concessione di una garanzia per il debito preesistente), né quella della novazione (consistente nella sostituzione del preesistente debito chirografario con un debito garantito), potendosi configurare alla stregua di un procedimento negoziale indiretto; l’importo pattuito viene effettivamente erogato ed utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario; ne consegue che l’intera operazione è impugnabile per revocatoria, in presenza dei presupposti, in quanto diretta per un verso ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e per altro verso a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non nella stipulazione del mutuo fondiario in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo in parte diverso.

Si ricorda, a margine del commento, anche l’ordinanza della Cassazione n. 12405, sempre del 10 maggio, che ha ribadito come le spese per il compenso dell’OCC, prededucibili, non rientrano tra le c.d. uscite generali della procedura nell’interesse di tutti i creditori (art. 14-duodecies comma 2 della L. 3/2012), prima dell’apertura della procedura con il decreto ex art. 14-quinquies della L. 3/2012 (al pari di quanto accade per i costi sostenuti per l’autofallimento ex art. 14 del RD 267/42).

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