Approccio case by case per il valore in dogana nelle vendite a catena
L’individuazione diventa più complessa se nel flusso di fatturazione interviene un deposito doganale
Con due decisioni molto attese, la Corte di Giustizia dell’Ue interviene in materia di corretta determinazione del valore doganale delle merci, stabilendo dei criteri – in realtà piuttosto incerti – per individuare, in caso di vendite a catena, quale debba essere considerata la vendita rilevante e da considerare per determinare la base imponibile doganale.
In dettaglio, le cause C-348/24 (Logista) e C-500/24 (Massimo Dutti) intervengono nella definizione fondante il valore in dogana, come regolata dal Codice doganale dell’Ue (Reg. 952/2013) all’art. 70, per cui il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione europea.
Questa definizione, apparentemente semplice, si manifesta invece particolarmente complessa nelle ipotesi di vendite a catena, soprattutto quando nel flusso di fatturazione interviene un deposito doganale, come nei casi esaminati dalla Corte che sono da tempo all’attenzione dei grandi gruppi multinazionali.
Il tema, infatti, parte da lontano, e tocca anzitutto il sistema della considerazione della regola della last sale for export, che vige nell’Ue ormai stabilmente da un decennio, per cui la vendita rilevante ai fini doganali, per determinare la base imponibile di import, è l’ultima vendita per l’esportazione, con destinazione il territorio doganale. Non vigendo più un sistema, invece, di first sale, che favorevolmente considera anche vendite precedenti all’ultima e che sono ancora in essere in altri sistemi come quello USA, il nodo da sciogliere per i player unionali è quello di comprendere cosa e quale sia un’ultima vendita per l’esportazione (la c.d. sale for export), tema che riveste anche oggi straordinaria rilevanza, nonostante la decisione investa un quadro normativo (quello sul first sale Ue) ora superato.
La problematica che appare più interessante è quella relativa alla causa C-500/24 (Massimo Dutti), dove la Corte risolve, con una decisione tuttavia di difficile applicazione e che presupporrà un approccio case by case, l’ipotesi della nota società spagnola, la cui attività principale consiste nella distribuzione di articoli di moda che acquistava merci da una società di trading svizzera, che a sua volta le acquistava da makers extra Ue, viaggiando le merci direttamente dai Paesi di fabbricazione verso la Spagna.
La maggior parte di tali merci era immessa in libera pratica mentre un’altra parte di queste ultime era vincolata al regime di deposito doganale e la Massimo Dutti ha dichiarato come valore in dogana il valore fatturato dai fabbricanti asiatici, vale a dire il prezzo al quale è stata conclusa la prima vendita. L’Amministrazione finanziaria ha però ritenuto che la prima vendita non fosse stata conclusa ai fini dell’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione e il fatto che, al momento della prima vendita, le merci avessero come destinazione l’Unione non fosse sufficiente a sostenere l’operato della società, poiché, anche considerate le loro etichette, esse avrebbero potuto essere oggetto di riesportazione verso Paesi terzi.
Ebbene, la Corte sposa i principi dell’Amministrazione finanziaria, che tuttavia possono avere anche risvolti di favore per le imprese in taluni altri casi: quando le merci sono state oggetto di due vendite prima della loro introduzione nel territorio doganale dell’Unione europea per esservi o vincolate al regime del deposito doganale o immesse in libera pratica, la prima vendita non può essere considerata conclusa ai fini dell’esportazione di tali merci verso il territorio doganale dell’Unione, qualora, al momento di tale prima vendita, fosse unicamente dimostrato che dette merci erano destinate a essere introdotte in tale territorio, senza che il luogo di commercializzazione finale di queste ultime fosse ancora stato determinato.
È evidente come, qui, vengano in considerazione circostanze fattuali variabili, che si registrano anche nel secondo caso, C-348/24 (Logista), che esamina l’ipotesi analoga di seconda vendita intervenuta, però, all’interno di un deposito doganale, da leggere alla luce dell’attuale art. 128 del Reg. Ue 2447/2015, che di fatto fa rivivere, nell’Ue, una sorta di first sale rule, purché sia in uso un deposito doganale.
Qui, la conclusione giunge a confermare invece che, quando talune merci sono state oggetto di una prima vendita sulla cui base sono state introdotte nel territorio doganale dell’Unione europea per essere vincolate al regime del deposito doganale e, successivamente, di una seconda vendita sulla cui base sono state immesse in libera pratica, il momento in cui occorre collocarsi per determinare il valore in dogana di tali merci è quello della loro introduzione in tale regime, e il valore in dogana di dette merci può essere determinato sulla base del loro valore di transazione al momento della prima vendita.
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