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Legittima la revoca del concordato per atti di frode «nascosti» dal debitore

Necessario garantire una corretta informazione ai creditori per il voto consapevole

/ Antonio NICOTRA

Giovedì, 18 dicembre 2025

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32870 depositata ieri, è ritornata sul tema del controllo del tribunale ai fini della regolarità della procedura di concordato.
In sede di valutazione dell’ammissibilità della domanda, il tribunale non può vagliare direttamente la regolarità e l’attendibilità delle scritture contabili del proponente, ma deve svolgere, ai fini dell’ammissione, della revoca ovvero dell’omologazione, un sindacato sulla completezza dei dati esposti nella proposta (o nei suoi allegati, come l’attestazione del professionista ex art. 161 comma 2 del RD 267/42) e la comprensibilità dei criteri di giudizio adottati, rientrando tale attività nella verifica di regolarità diretta a garantire la corretta formazione del consenso dei creditori (Cass. n. 5653/2019).

Si tratta di una valutazione (da compiere in sede di ammissione o di omologazione del concordato, ovvero – come nel caso de quo – in sede di revoca dell’ammissione) che consente al tribunale di verificare (anche attraverso accertamenti extracontabili; Cass. n. 7878/2025) la completezza dei dati e la comprensibilità dei criteri di giudizio attestati nella relazione del professionista (e, prima ancora, nella domanda di ammissione alla procedura), in modo tale da assicurare la rispondenza di tali atti alla finalità cui sono preordinati, consistenti tra l’altro nel fornire, attraverso la verifica dell’effettiva consistenza degli elementi patrimoniali (Cass. n. 7878/2025), una corretta informazione ai creditori, onde consentire agli stessi l’espressione di un voto consapevole in sede di approvazione della proposta (Cass. nn. 5825/2018, 7959/2017 e 2130/2014).

Le informazioni che la proposta, il piano e la relazione del professionista – circa la veridicità dei “dati aziendali” e la fattibilità – devono fornire ai creditori del proponente hanno un ruolo centrale, consentendo un consapevole esercizio del voto sulla convenienza economica, rispetto al fallimento, dell’accesso del debitore a tale procedura.

Il giudice, anche alla luce di quanto rilevato dal commissario giudiziale, deve controllare, sotto il profilo dell’adeguatezza a tale scopo, il contenuto di tali informazioni (cfr. Cass. SS.UU. 1521/2013, Cass. nn. 7959/2017, 15230/2023 e 34385/2024), le quali, oltre a essere oggettivamente chiare, devono riguardare non solo fatti risultanti al momento del deposito della domanda di concordato, ma anche gli accadimenti, anteriori a tale momento, che, in una relazione logico-temporale prossima alla rappresentazione della crisi offerta dal proponente, abbiano causalmente determinato la consistenza del patrimonio, nelle sue componenti del passivo e in quelle dell’attivo destinato al soddisfacimento dei creditori.

Costituiscono fatti idonei a consentire la revoca ex art. 173 del RD 267/42 quelli “accertati” dal commissario (“scoperti”, perché prima ignoti nella loro materialità, ovvero non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta e nei suoi allegati) e che siano potenzialmente idonei a pregiudicare, in ragione della loro valenza potenzialmente decettiva, il consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento, rispetto a quelle esposte nella proposta, e ciò a prescindere dal pregiudizio arrecato e dalla dolosa preordinazione degli stessi da parte del debitore, essendo sufficiente la consapevole volontarietà della condotta da parte di quest’ultimo (Cass. n. 12115/2022).
Gli atti di frode, in particolare, si sostanziano in fatti o atti la cui esistenza è stata non solo taciuta o mistificata dal proponente il concordato, ma anche, e solo, indicata in modo inadeguato o incompiuto alla luce delle verifiche e analisi compiute dal commissario (Cass. n. 19844/2025).

La revoca dell’ammissione alla procedura ex art. 173 del RD 267/42 è volta, in tal senso, “a neutralizzare il valore decettivo delle omissioni, alterazioni, incompletezze o inadeguatezze delle informazioni fornite ai creditori con la proposta di concordato” (Cass n. 22663/2021).

Costituiscono, quindi, fatti idonei a consentire la revoca prevista dall’art. 173 del RD 267/42 tutti i fatti accertati dal commissario giudiziale: sia quelli scoperti in quanto ignoti nella loro materialità, sia quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta e nei suoi allegati (Cass. n. 12115/2022) e che siano potenzialmente idonei a pregiudicare il c.d. consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento, con la conseguenza che tali fatti, se taciuti al momento della domanda, non cessano di rapportarsi al concetto di frode e come tali giustificano l’arresto del procedimento concordatario (Cass. n. 34385/2024).
Si fa presente, infine, che la Cassazione è giunta alle medesime conclusioni con l’ordinanza n. 32878, sempre depositata ieri.

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