Plafond anche per i soggetti esteri identificati ai fini IVA
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 148, pubblicata ieri, confermando la propria prassi precedente, ha chiarito che la disciplina del plafond IVA si applica anche nell’ipotesi in cui l’esportatore abituale sia un soggetto non residente identificato direttamente ai fini IVA in Italia.
La questione oggetto di analisi da parte dell’Amministrazione finanziaria concerne una società con sede legale in uno Stato membro Ue, identificata ai fini IVA in Italia, che acquista prodotti medico-ortopedici nel territorio dello Stato e vende i suddetti beni in parte a soggetti passivi stabiliti in Italia, con applicazione del reverse charge ai sensi dell’art. 17 comma 2 del DPR 633/72, e in parte a operatori stabiliti in altri Stati dell’Unione europea, spedendoli in tali Paesi e ponendo in essere cessioni non imponibili ex art. 41 comma 2 lett. c) del DL 331/93.
Per effetto di tali operazioni l’istante si trova “strutturalmente” in una posizione di credito IVA e intenderebbe avvalersi del regime IVA previsto per gli esportatori abituali. Tuttavia, il dettato letterale dell’art. 8 comma 2 del DPR 633/72, secondo cui possono beneficiare dell’istituto del plafond i soggetti in possesso dei necessari requisiti, “se residenti”, lascerebbe intendere che potrebbero esserne esclusi gli operatori non residenti.
L’Agenzia delle Entrate, richiamando la R.M. 21 giugno 1999 n. 102, precisa che, ferma restando l’esistenza dei presupposti per la sussistenza dello status di esportatore abituale, possono effettuare acquisti senza pagamento dell’IVA nei limiti del plafond maturato anche i soggetti che abbiano nominato un rappresentate fiscale in Italia o che si siano identificati direttamente ai fini IVA ai sensi dell’art. 35-ter del DPR 633/72 (analogo orientamento era stato espresso nella recente risposta a interpello 4 gennaio 2021 n. 1).
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